Pescabolario

Questo libro fa ridere. Ma non solo. Scritto come se fosse un vocabolario, prende piede dalle singole definizioni per raccontare aneddoti, pesca pescata, disavventure, battute e memorie. Si fa leggere sia da chi si ritrova nelle singole situazioni (tipicamente, pescatori) sia da chi invece non è per nulla avvezzo né agli strumenti né ai termini alieutici, ma magari vorrebbe capire meglio cosa spinge i pescatori sull’acqua, sotto la canicola o la peggior tormenta. Riporto la descrizione di una situazione trasversale a quasi tutte le tecniche, tranne forse il drifting, e per tutte le tecniche ugualmente scornante (Liberamente tratto da Pescabolario, Un vero falso manuale di pesca, con tanto di lemmi, bigattini e tutto il resto di Andrea Bersani, edito da NPE).

Incaglio
Il fiume sia sulle sponde che soprattutto sott’acqua, non è liscio come un biliardo, anzi! È tutto un susseguirsi di sassi, alghe, radici, rami sommersi, e, se il corso è molto antropizzato: biciclette, reti ortopediche, pneumatici, televisori e tutto quanto la contemporanea società dei consumi, coadiuvata efficacemente da dosi massicce di maleducazione, riesce cosi a smaltire. Però i pesci adorano abitare dove ci sono ripari, naturali o artificiali poco importa, l’importante è che pescatore sudi per fare arrivare l’esca lì, proprio lì, tra le molle di quel vecchio materasso.

Ne consegue che immergere una qualsivoglia esca, richieda molta, tanta attenzione, per non vanificare l’azione di pesca addobbando i fondali con le montature più disparate. Però l’Incaglio è dietro l’angolo, e non fa preferenze tra neofita e pescatore esperto: il primo penserà di essere perseguitato, il secondo di non averle ancora imparate tutte. La sostanza non cambia: si tira per cercare di salvare la montatura. Si tira prima (vuoi mai) leggermente, poi (sempre mai), più energicamente: costellando il tentativo di invocazioni a Manitù e imprecazioni contro il Padre e la Madre, risolvendosi alfine a strappare energicamente tutto. Fate attenzione però: tirare sgarbatamente, sollevando la canna ripetutamente da ore nove a ore dodici, nuoce gravemente all’integrità della vetta. Si rompe.

Conviene allineare la canna al filo, tirarlo appunto “in linea”, e cosi romperlo senza sollecitare inutilmente l’attrezzo. Semplice e pulito e, fatti salvi gli scatti d’ira, in una montatura da passata si perderà “solo” il finale. Questa prassi è ancor più consigliabile quando si peschi con canne corte e fili robusti, come a spinning. Solo che a spinning non ci sono finali, il filo è grosso e mediamente elastico. E l’esca (esempio un cucchiaino), grazie alla trazione lineare esercitata, se si sgancia può essere proiettata con violenza dritta verso di voi! E la qualcosa è concretamente più apprezzabile se il tira e molla avviene con un incaglio superficiale. In questo caso la massa d’acqua non attutirà il contraccolpo. Contraccolpo cosi violento dal divenire pericoloso. Si, pericoloso.

Perché un pezzo di metallo, che parte come un proiettile verso il vostro viso si può, A) pararlo col palmo della mano, B) schivarlo con agile movimento del tronco e C) riceverlo dritto in un occhio. Personalmente ho evitato la cecità, ma non la coglionaggine, quella volta che, sganciandosi di colpo, il cucchiaino in linea retta e veloce finì per conficcarsi (imbarazzo imbarazzante)… sulla punta del naso. E meno male non c’erano gli ardiglioni! Per lo stupore restai come congelato per qualche secondo, basito, con quel pezzo di metallo luccicante penzoloni: poi imprecai, mi slamai e infine risi di gusto. Tanto di gusto che mi sarebbe piaciuto condividere, in tempo reale, la buffa disavventura con un amico. Mi peritai poi di riportare l’accaduto. Come catarsi a tanta goffaggine, un bel ridersi addosso ci voleva proprio.

Un altro tipo classico di Incaglio è quello sui rami. Rami bassi sull’acqua, rami sott’acqua, rami corti, rami lunghi, rami contorti, rami rami e ancora rami: che a volte vi pare di essere un giardiniere più che un pescatore. Tanti rami, tutti golosamente protesi verso la vostra esca, adorano cibarsi di lenze. I maledetti. Potrete trovare questi simpatici alleati dei pesci anche sott’acqua, ma il meglio lo danno fuori, quando s’intromettono nella traiettoria di lancio: vi ritroverete allora il vostro costoso minnow a penzoloni sull’acqua.

Passato l’attimo di sbigottirabbialosapevofinivacosì, l’istinto vi dice di tirare sollevando la canna: Nooo! Non fatelo. Immediatamente, per una nota legge fisica, la trazione esercitata si trasmetterà all’esca penzolante che, istantaneamente, inizierà a girare veloce nel senso opposto, trascinando la lenza in un simpatico arrotolamento. La sensazione di avere sbagliato tutto sarà immediata e ogni speranza di recuperare il vostro bene pure. Sigh. Come fare dunque? Semplice: avvicinate lentamente l’esca penzolante a quello stronzo di ramo, calcolate la distanza di quello subito sopra (gli stronzi vanno in coppia) e date un piccolo colpetto con la canna VERSO IL BASSO. Sì, verso il basso! Magicamente il minnow ruoterà sull’asse e, con forza uguale contraria, ritornerà tra le vostre mani tremanti. Vorreste baciarlo, ma desistete, gli ardiglioni ci sono.

Un Rapala appeso a labbro fa ridere tutti tranne voi.

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