PIETRO INVERNIZZI
Pescare è per me una vera filosofia ed io nella materia mi sono laureato con lode.
Vorrei scrivere, e lo farò in questo blog, le motivazioni profonde che portano un uomo a dedicare tanto tempo e infinita passione a questa disciplina.
Ma l’inizio non è stata una scelta, come non si sceglie di imparare a camminare.
Semplicemente da quando ho memoria ho guardato sempre con attenzione dentro l’acqua, soggiogato da quello che sotto la superficie dell’acqua vive.
Da sempre curioso verso tutte le tecniche di pesca il mio è stato un percorso classico: dal galleggiantino con il pane o i vermi fino alla mosca secca da cui ancora ho moltissimo da imparare. Vedevo mio padre pescare e volevo farlo anche io e lui pazientemente mi ha insegnato. Poi venne la prima agognata alba in cui mi portò a scoprire i segreti dei torrenti con i miei stivaletti, la cannetta da spinning e il Mepps 1 o 2… Andare sui torrenti da bambino con mio padre ha stregato la mia attenzione e incendiato la mia passione. L’acqua corrente mi ha sempre entusiasmato più di ogni altro ambiente perchè mette alla prova, forse più di laghi o mari che comunque ho pescato e pesco, l’abilità nel lancio e nel recupero. Inoltre torrenti e fiumi sono spesso in una cornice paesaggistica che mi lascia senza fiato. Lo spinning più di ogni altra tecnica è quella in cui mi sono cimentato.
La pesca per me è empatia con la natura, ritrovare una dimensione di predatore, risvegliare i cinque sensi e stimolarne un sesto, che poi è estro, scaramanzia, intuito e misticismo. Pescare è mettersi alla prova, trovare la soddisfazione di riuscire a fare bene qualcosa di concreto in una modernità sempre più vacua e digitale. La pesca è anche un’occasione unica per ridere spensierati con veri amici o per pensare in solitudine, per non smettere di imparare e per provare ad insegnare. Per condividere emozioni e vita vissuta.
Io ho l’inestimabile fortuna di poterlo fare con una famiglia di pescatori e con tre grandi amici che da più di dieci anni formano con me un gruppo di pesca che, “senza dubbio di smentita, è il migliore del mondo”: l’Anonima Cucchiaino.
JACOPO SAVOIA
Nessuno della mia famiglia ha mai pescato, nemmeno io. Poi un giorno, mentre eravamo in giro per Moneglia, di punto in bianco chiesi a mio padre una canna da pesca. Avevo quattro anni. Non so spiegare ne come ne perchè formulai quel desiderio in età così giovane, ma così accadde. Avevo la mia prima canna, anche se non credo avessi realmente compreso l’entità della conquista. Gli anni passavano e la semplice richiesta di un bambino passava da immotivato interesse a passione vera e propria. Le prede e la tecnica miglioravano col tempo e la passione divenne ossessione. Giorno dopo giorno cercavo di migliorare i lanci, le montature e inventavo attrezzi strani per rimanere sempre in pesca dove credevo potesse nascondersi una preda leggendaria. Poi la pubertà arrivò con le sue pruriginose pulsioni e quindi passavo le serate a leggere cataloghi di artificiali o attrezzatura da mosca con la stessa avidità che i miei coetanei dedicavano a Playboy o alla sezione intimo del catalogo Postalmarket. Mi addormentavo col pensiero di pesci leggendari che mordevano i miei artificiali sognando cassette traboccanti cucchiaini e mosche. La pesca con le esche artificiali era ormai diventata il mio feticcio. Tra i banchi di scuola incontrai altri tre ragazzi, accaniti pescatori. Insieme siamo cresciuti nella tecnica fomentandoci l’un l’altro come quattro invasati. Insieme abbiamo esplorato lo spinning in lungo e in largo, a volte con esiti entusiasmanti, a volte riponendo con gli artificiali anche le pive, ma insieme. Da poco ho iniziato a muovere i primi passi nella pesca a mosca, ma ho ancora tanto, troppo da imparare di questa nobile tecnica per poter anche solo dire che la pratico. L’importante è affrontare sempre nuove sfide alieutiche, sia che si tratti di una nuova tecnica sia che si tratti di un pesce inafferrabile, ogni volta che mi trovo davanti all’acqua.
FRANCIS EDWARD NEEDHAM
Credo che il tutto sia cominciato durante le lunghe estati dell’infanzia, quando passavo le giornate sul moletto al mare con un attrezzatura improbabile ad elaborare le strategie che mi avrebbero permesso di catturare qualcosa che non fosse una vorace bavosa.
Da quel molo ( e quelle bavose ) è cominciato un viaggio che mi ha portato ad esplorare mari ed oceani, fiumi e laghi per affrontarne i predatori più nobili, utilizzando le tecniche che man mano ho imparato grazie ai miei compagni di viaggio, primi su tutti mio padre e i miei zii, tutti pescatori, tutti gentiluomini.
Continuo questo viaggio perchè da quel molo l’emozione che mi travolgeva nel vedere il mio galleggiante sommergersi è rimasta la stessa, mutata solo nella forma : l’attacco violento del pesce durante il recupero, lo scintillio bianco di una preda che emerge dall’abisso, lo starlight immobile sul cimino trasformarsi in cometa e sfrecciare verso il mare nero…
Durante il liceo ho conosciuto i miei compagni di Anonima, i migliori compagni di viaggio possibili .
FRANCO VANNI
Essendo io di serie B, comincio con le scuse. Non vado spesso a pesca perchè faccio un lavoro che mi costringe in ufficio nel week end. Non vado spesso a pesca perchè svegliarsi presto, se hai mangiato pesante la sera prima, è dura. Poi mettici: la morosa che ogni tanto vuole andare via insieme, la passione per la motocicletta, la crisi, i piccoli contrattempi. Comunque, quando sono sul fiume sono felice come quando ero bambino, pescavo a bolentino dal gommone in estate e spendevo tutta la magra paghetta in Rapala e cannette da spinning. Il solo pensiero di non essere mai stato cacciato fuori a calci dal Consiglio di amministrazione dell’Anonima Cucchiaino, nonostante le assenze ripetute, mi rende orgoglioso: oltre alla passione per la pesca, a unire l’Anonima è un’amicizia antica e profonda. Personalmente, ma questa è davvero solo una mia idea, ritengo che Francis Needham (che guarda caso è di Serie B come me) sia di gran lunga il più simpatico, bravo a pescare, bello e intelligente fra i miei compagni di Anonima.