Tubi, tubi di canne da pesca e casse per trasportare il pescato. Pesce fresco sigillato in casse di polistirolo o casse di cartone con pesce sottovuoto, dappertutto, tra i bagagli dei passeggeri in transito all’aereoporto di Anchorage. Una persona su due è il prototipo originale di un hipster con zaino da outdoor in spalla, camiciona di pesante flanella a quadri, cappellino con visiera, barba folta e trascurata e tubo della canna da pesca in mano.
Siamo atterrati da poco, è già buio, ma il pensiero che questa sia la terra promessa dei pescatori si fa sempre più strada nel mio cuore. Presto capirò che in questo stato la pesca è l’attività più comune e diffusa. Ne parlano alla radio, ne parlano nei bar, nessuno si stupisce minimamente se cammini in centro città con waders addosso e un grande guadino attaccato alla schiena. A dirla tutta ci sono marche di birre con nomi di salmoni, ci sono insegne di negozi di arredamento o di elettrodomestici a forma di enormi salmoni, ci sono interruttori della luce con disegnate livree di pesce, utensili a forma di salmoni, nei market vendono esche, le mamme portano le figlie piccole a pescare, pescano le adolescenti, pescano marito e moglie, pescano tutti.
La mattina del primo giorno non vediamo l’ora di lanciarci fuori da Anchorage e riempirci gli occhi di Alaska, ovvero “wilderness”, Terre Selvagge… Montagne maestose, foreste a perdita d’occhio, un paesaggio in cui i grandi animali sono i padroni e l’uomo è ospite.
Bastano pochi chilometri per essere immersi nella meraviglia, per rendersi conto che questo stato è immenso ed è abitato da quattro gatti. Noi di chilometri il primo giorno, il 29 Luglio 2015, ne facciamo già circa 400 verso Nord lungo “La” autostrada, l’unica strada asfaltata che attraversa migliaia di chilometri quadrati di natura. All’arrivo ci aspettano le porte del Denali National Park e… la prima pescata!
Da Milano, quel luogo ora lontanissimo nella mente, disperso tra maree di cemento, omini nervosetti e nebbie di smog, ho portato una valigia enorme con pochi vestiti, una canna da spinning con due mulinelli, una canna da mosca con un mulinello, giubbino, guadino, waders e scarponcini, scatole di esche a profusione… L’idea è di “arrangiarmi” a pescare, la licenza l’ho già fatta on-line! Però due pescate organizzate le ho prenotate: un’uscita in barca in mare a metà viaggio, per cercare i “Silver” Salmon più aggressivi e, appunto, la prima sera una pescata a mosca in fiume, per fare pratica con una guida. Di pesca a mosca al salmone so di non sapere quasi nulla…
DAY 1
<Ciao, tu devi essere Pietro?> – appena parcheggiamo il nostro tamarro suv nero della Dodge, Tom ci viene incontro, dev’essere un mio coetaneo ed ha l’aria di uno che vive alla giornata, felice della sua casetta di legno accanto al piccolo lago, la sua tana, dove regna il disordine tra stivali, esche, tazze di caffè e palchi di corna di alci ormai bianchi e secchi come pietre pomici.
Scambiamo poche parole e ci stiamo già preparando, <Tom, qui che salmoni posso prendere? L’attrezzatura che ho ti sembra abbastanza pesante?> – il giovanotto rubicondo impallidisce un’istante… <E’ troppo pesante… I salmoni più vicini sono comunque molto lontani!> Ero convinto che in Alaska i salmoni, a patto di azzeccare le stagioni della risalita, fossero ovunque, come il prezzemolo. In breve vengo aggiornato sulla geografia dei pesci: sulle coste e per moltissimi chilometri risalendo da queste passano i salmoni, in periodi diversi a seconda delle 5 specie, ma comunque in primavera/estate. Lungo le coste del sud e del sud-ovest esistono anche steelhead e le trote iridee stanziali più grosse, sempre a sud e nel centro-sud puoi pescare lucci in abbondanza, ma la taglia cresce solo nei laghi più grossi, verso il Canada. Nel centro-nord e nel Grande Nord, nonostante d’estate sia pieno di laghi, laghetti, torrenti ed enormi splendidi fiumi, vivono solo temoli artici, ovunque, e salmerini artici, dove c’è più acqua anche sotto il ghiaccio e la neve del rigidissimo inverno. Beh… nei laghetti, naturali ma presenti solo in estate, mettono anche le trote iridee pollo… segnalando con cartelli queste “aree ricreative” per famiglie. Ma questo davvero è fuori luogo, non è per pescatori!
Il punto è che in Alaska non ci sono le mezze stagioni… c’è un lungo inverno in cui la luce è quella dell’ immenso candore della neve che tutto ricopre, poi un’estate annunciata da un rapido disgelo porta in piena i fiumi e riempie d’acqua la terra che si imbeve come una spugna per nutrire piante e animali che sbocciano e si svegliano dal lungo letargo per vivere alla massima intensità mesi di luce e temperature miti!
Mi riprendo dallo shock, oggi non pescherò salmoni, mi entusiasmo comunque facilmente: sto andando a pescare temoli artici! Camminiamo nel bosco parlando ad alta voce, <E’ importante per avvisare gli orsi della nostra presenza… Ecco guardate, questa cacca d’orso è recente!>
Marta ed io ci guardiamo e ridiamo a denti stretti… Finalmente si sente il rumore dell’acqua sempre più forte ed in breve davanti ai nostri occhi scorre un torrente tra i toni dell’ardesia e dell’orzata, il colore torbido di questi corsi d’acqua è dato da minuscole particelle di roccia triturate dai ghiacciai…
L’aria è fresca e profumatissima di resina e neve, attorno a noi solo silenzio, valli e montagne a perdita d’occhio ed un cielo ancora luminoso nonostante siano quasi le otto di sera e nuvole scure si stiano raccogliendo velocemente.
<Prova con una caddis!> mi suggerisce Tom, che mi osserva divertito assieme a Marta, intanto cadono le prime gocce di pioggia. Lego la caddis, piove piuttosto forte mi avvicino come un gatto avvolto nel gore-tex al greto, mi inginocchio, due o tre falsi lanci e poso la mosca sull’acqua con un lancio più che accettabile. Finita la passata ripeto l’azione cercando di lasciare finali e coda più “morbidi” ed evitare meglio il dragaggio. Si rompe la superficie dell’acqua sotto la mosca, alzo la canna con la destra, tiro a me la coda con la sinistra et voilà al secondo lancio sto recuperando un bellissimo temolo! L’illusione di essere molto bravo finisce presto: è pieno di temoli voracissimi! Cambio ogni tipo di mosca secca e li prendo lo stesso… Il più grosso passava non di molto i 45 centimetri, ma non è stato fotografato perché l’attenzione della fotografa era distratta da una grossa volpe che si era avvicinata curiosa.
Per rendere la sfida più interessante provo a prenderli a vista in una lanca di acqua ferma, di limpidezza cristallina. Anche qui è bastato fare un paio di lanci decenti e muovere leggermente la mosca per ingannare i timallidi!
Salutiamo Tom, tra un po’ calerà la luce, sono già le 11 di sera e dobbiamo trovare il nostro Bed & Breakfast.
I prossimi giorni esploreremo il parco nazionale, quindi andremo più a Nord, verso il Circolo Polare, verso Fairbanks… tutto fantastico, veramente esagerato! Però vuol dire niente pesca… a patto di non voler molestare ancora i famelici temoli.
DAY 4
Siamo già perdutamente innamorati delle terre alaskane, Marta ed io non potevamo chiedere di più al nostro viaggio di nozze, è solo il quarto giorno ma abbiamo già vissuto mille situazioni memorabili. Siamo a Fairbanks, domani mattina si inizia a scendere verso Sud, guideremo 584 chilometri verso Valdéz.
La neo-moglie mi conosce e, seppur io non abbia detto una parola, deve aver notato il mio sguardo languido rivolto al leggendario Chena River che attraversa la città. <Amore perché non vai a pescarlo stasera o domattina prima di partire?> mi chiede; <Grazie… ma mi sono già informato, adesso non c’è nulla nel Chena, non qui, non così in alto>. La voce mi si strozza per il dolore che mi arreca questa affermazione.
A cena, tra una birra artigianale e quintali di carne deliziosa, parte una ricerca furiosa su internet tra forum di pescatori e siti di guide per cercare un punto lungo il tragitto in cui tentare la pesca al salmone. Solo una cosa sapevo già da Milano: ad Agosto in Alaska puoi pescare i Silver Salmon, i Red Salmon, i Pink Salmon ed i Chum… non i grandi King Salmon, quelli sono già passati a Giugno e Luglio…
L’unica cosa che sapevo si è rivelata una cazzata! A quanto pare sul Copper River e sul Klutina River stanno prendendo King Salmon, ed io con questo pesce possente ho un conto in sospeso da due anni! Giro di telefonate e trovo dei ragazzi che domani alle 11.00 faranno una lunga discesa in rafting sul Klutina per pescare i King a spinning da riva… C’è un solo posto libero. Marta insiste perché io ci provi, si tratta di lasciarla otto ore ad aspettarmi, troppo cattivo… Ma lei insiste. Partiamo alle 6 da Fairbanks, guido per 5 ore incontrando forse 2 o 3 macchine e una manciata di costruzioni dell’uomo, tra cui il bar di una grande base militare che ci serve una colazione americana iper-proteica da urlo! Il resto sono rettilinei in paesaggi incontaminati di una vastità e profondità che davvero non saprei descrivere.
So di aver forato da almeno un’ora e mezza, ma la pressione della gomma scende piano e voglio arrivare puntuale all’appuntamento al ponte sul Klutina. Solo all’arrivo do la lieta novella a Marta: <Amore, ehm, ci rivediamo tra 8 ore e… beh, magari potresti trovare qualcuno che ripara la gomma… sai… è bucata!>
Comunque la lascio vicino ad una “magnifica cittadina”, Copper Town, e ad uno splendido parco il Wrangler National Park. C’è il sole, 25 gradi e regnano pace, amore e voglia di vivere!
Ai 4 ragazzi americani, compagni di giornata, mostro la mia attrezzatura da spinning, ma scuotono la testa e ridono… <Troppo, troppo leggera!> mi ripetono mentre insisto sul fatto che ho un super mulinello, il Sustain 5000 con in bobina un 39 libbre… Mi prestano una loro canna bobinata con 100 libbre e mulinello 8000. <Ma se io lanciassi esche artificiali?> Chiedo timidamente mentre vedo che preparano piombi. In breve mi viene spiegato che in questo periodo non sono molti i King in risalita e del resto hanno la pancia piena di sardine e molto difficilmente mangiano altri pesci, al massimo scartano di poco la loro rotta per inghiottire qualche brandello di carne di salmone ferito più a monte o uova uscite ai compagni di viaggio; <Quindi se vuoi prenderli per la bocca e vuoi sperare di prendere un King con poche ore di pesca a lancio da riva, monta terminale in spesso nylon, uno 0.80, una girella a “t” a cui attaccare strisce di piombo di peso variabile a seconda della velocità della corrente e, a poca distanza, un robusto amo singolo con una retina sottile riempita di uova di salmone. Lancia leggermente a monte, fai una passata radente il fondo, recupera piano e ripeti>.
Sono molto emozionato, sovra-eccitato! <Sono l’unico che non ne ha mai preso uno?>, chiedo mentre il fuoristrada 4×4 trainando il carrello con il gommone risale a fatica una pista impervia tra le montagne. A quanto pare sì. Il proprietario del gommone, che fa la guida di pesca ed è la massima approssimazione dell’uomo al grizzly, è molto simpatico ed esperto per cui lo tormento di domande su dove e come lanciare, come e dove recuperare l’esca e come combattere il king e come si difende il king ed altre mille curiosità che affollano i pensieri della mia mente incredula, incredula di essere davvero lì a vivere quell’avventura!
Mettiamo in acqua il gommone, lo carichiamo e saliamo a bordo: partiti, la corrente ci prende.
L’acqua è color ghiaccio-turchese, è un bel fiume che si snoda curva dopo curva, largo e veloce frange spesso in spumeggianti rapide, saltiamo un po’ sul gommone e ridiamo come bambini sulle giostre, ma non c’è da spaventarsi: tra uno spruzzo d’acqua e l’altro c’è tempo per ammirare la disarmante bellezza di quello che ci circonda: montagne coperte di conifere che digradano fino a farsi accarezzare dal fiume, pareti a picco alte decine di metri di terra e roccia; nessuna traccia dell’uomo oltre a noi.
Un’enorme aquila volteggia alta, il più fiero tra i simboli degli Stati Uniti, un’altra ci guarda dal suo grande nido appollaiata su di un lungo ramo proteso sull’acqua… facciamo chilometri così, poi ogni tanto, dove il fiume offre un’ansa in cui rallenta leggermente, con pochi colpi di remi ci spingiamo sulla riva, issiamo il gommone sulle pietre, ci sparpagliamo ed iniziamo a lanciare. Un’ora dopo l’altra le nostre facce hanno sorrisi sempre più tirati, soprattutto la mia… it’s now or never, quando mi ricapita quest’occasione?
Mi sono fatto un’idea precisa di dove debbono passare i salmoni in risalita quando incontrano queste anse, mi convinco che stiano su quella linea di confine tra l’acqua veloce di centro fiume e l’acqua più lenta, e che stiano contro il fondo dove nuotare è più facile. Inoltre, come sempre, la parte d’acqua più lenta ha una testa ed un fondo a valle in una forma che potremmo definire ad “ogiva”, a logica penso che sia più facile intercettarli proprio su queste due estremità strette, diciamo in questi due angoli, piuttosto che dove l’ansa è larga. Per cui cerco di pescare a valle o a monte degli altri, ma a loro la cosa sta benissimo perché sembra essere una posizione scomoda, sia da raggiungere camminando magari tra grandi sassi magari tra arbusti, sia perché è più difficile stare in pesca con l’esca vicina al fondo… ma per fare questo lancio decisamente più a monte di quanto non facciano loro, aspetto il contatto sul fondo e inzio il recupero alla velocità di corrente con piccoli movimenti di cimino.
Come in tanti altri tipi di pesca, quando per ore nessuno vede neppure una pinna, nessuno sente neppure una tocca, niente di niente, crederci e pescare concentrato diventa una lotta psicologica. Io non smetto un secondo di crederci, mi dimentico persino di mangiare e quasi di bere, voglio il mio salmone gigante e lo immagino ad ogni istante all’altro capo del filo.
Sono passate almeno quattro ore da quando ho salutato Marta e centinaia di pesanti lanci e recuperi quando
sento mancare il peso dell’esca e vedo il filo tagliare la corrente verso monte e verso riva, accelero il recupero e tiro una ferratona verso destra, come si farebbe con la maggior parte dei pesci, la canna si flette un solo istante, un bestione rossastro spacca l’acqua a una decina di metri da me, lo vedono anche gli altri che mi sono vicini, un possente splash e nulla. Nulla. Il fiume corre e la mia lenza è in bando.
Mi viene da piangere, ho avuto la mia occasione, l’unica fino ad ora, e l’ho persa. Ho sbagliato ferrata, mi hanno detto mille volte che, per la stranissima forma della bocca di questi pesci, bisogna ferrare solo e soltanto verso l’alto e piantare l’amo nella cartilagine superiore… Era grosso, anzi per me era enorme, chiedo agli altri che scrollano le spalle e confermano <Sì, era uno di quelli belli….>.
Passati dieci minuti di disperazione interiore recupero fiducia, carica, grinta giusta. L’Anonima deve trionfare, io voglio il mio salmone gigante!
Scendiamo ancora tra i flutti diverse volte e diverse volte ci fermiamo sulla riva per decine di minuti a pescare. Nessuno prende nulla, nessun pesce si manifesta e sono già quasi le sette di sera, la fine della nostra pescata.
<Questo è l’ultimo spot, peschiamolo quindici minuti e poi scendiamo dove abbiamo lasciato le macchine>. Parole che straziano il cuore, che suonano come il rombo cupo di un tuono che annuncia la tragica tempesta di sconforto che si abbatterà sul cappotto!
E’ l’ultimo miglio, è il momento di gettare il cuore oltre l’ostacolo, fino all’ultimo io ci provo con tutto me stesso, cerco il mio angolo il fondo all’ansa, più scomodo del solito tra grandi sassi e con rapide spumeggianti poco più a valle. Chiedo ai ragazzi: <Sicuri che se abboccano vanno sempre a monte?>; <Beh… quasi sempre, certo lì sei al limite con un correntone, magari si butta giù…>
Tremo guardando la velocità e l’imponenza dei flutti a valle: <Se dovesse succedere, cosa dovrei fare?> L’uomo-grizzly si accarezza la folta barba rossa e mi dice serio: <Pregare. E tenere la canna ferma e bassa dal lato della sponda… Se non si slama e tu gli tieni testa, prima o poi inizia a risalire…>
Lancio, dritto a monte, sul filo tra corrente veloce ed acqua più lenta, recupero piano, mi tendo come una corda di violino per captare la più piccola vibrazione dal filo alla canna; aspetto di sentire il fondo e appena lo sfioro inzio un balletto armonico con la corrente del fiume: sfioro il fondo, sollevo piano la canna, abbasso recuperando un giro di manovella, sfioro ancora e ripeto; fino a quando l’esca è a valle, rapita dalla corrente veloce, allora abbatto la canna alla mia destra, verso riva, aspetto la lenza si distenda parallela alla sponda e recupero piano. Lancio e ripeto da capo. Respiro profondamente e continuo ad avere il cuore in gola, come fosse il primo minuto, come fosse l’ultimo decisivo minuto. E lo è. E’ il momento in cui un violento tirone verso il largo flette la canna e fa stridere la frizione, spezzando il ritmo del balletto classico e pompando rock’n’roll nell’azione! <FISH OOOOOOOON!> Urlo con tutto me stesso mentre stringo forte la canna piegata tra cielo e inferno, sembra un pesce di mare, in effetti lo è, corre veloce verso il centro del fiume, la frizione è tarata su un finale dello 0,80… e il pesce sbobina veloce e fluido! Panico… panico vero, adesso è a centro fiume e non nuota più veloce… si dirige deciso e inarrestabile verso valle, spinto dalla veloce corrente… cerco con equilibrio di delicatezza e fermezza di fermarlo, di arrestarlo… comunque scende, entra nelle schiume bianche delle rapide e finalmente lo vedo… Per me è enorme! Il salmone dei miei sogni, è là lontano, a valle che si dimena e si rotola potente tra i flutti di questo grande fiume d’Alaska.
Lo inseguo goffamente sui pietroni della sponda, impegnato sempre e comunque a tenere il giusto angolo di inclinazione della canna e la giusta tensione sul filo. Dopo appena una decina di metri mi devo fermare, troppo grandi e ripidi i sassi, troppo profonda e veloce l’acqua che corre. Ammiro quel possente animale dibattersi a valle tra le onde di corrente, trattenuto dalla mia lenza e da quell’amo che lo afferra in bocca… E’ una guerra di nervi, ad ogni secondo penso che si stia per slamare, sembra impossibile recuperarlo da questa situazione; eppure ogni tanto smette di dibattersi e io riesco piano, pianissimo, a recuperarlo qualche metro contro corrente… E’ finita la sua corsa a valle, ormai qualche metro alla volta risale assecondando il mio recupero, poi si dibatte ancora, io trattengo il fiato, da un momento all’altro potrebbe slamarsi o rompere qualcosa dell’attrezzatura, passano interminabili minuti ed è ormai a pochi metri da me, l’uomo-grizzly si arrampica sulle rocce, si spinge alcuni metri a valle e protende un enorme guadino verso l’acqua. Il bestione è ormai contro la sponda, ancora pochi giri di manovella, qualche esplosione di spruzzi sul pelo dell’acqua ed è dentro! Dentroooooooooo!
Lancio la canna, mi inginocchio e voglio piangere di gioia!
Ci abbracciamo ridendo entrambi come pazzi! Mi porge guadino e annoccatore, il release non è considerata un’opzione. Sono ben documentato sulle regole del gioco e convinto che i 4 salmoni king all’anno che sono concessi ai pescatori sportivi non possano fare differenza rispetto al sistema-salmoni dell’Alaska. Mi unisco al rito ancestrale di queste terre e con l’annoccatore in legno uccido questa creatura splendida, sussurrando tra me e me una preghiera di perdono e gratitudine agli dei!
Sul muso e sulle pinne sono evidenti i segni della lotta contro i sassi del fiume nella lunga ed estenuante risalita che porta questi pesci per centinaia di chilometri dal mare ai torrenti, per riprodursi e morire, parabola perfetta del ciclo della vita.
La sera tutti insieme, con anche le rispettive donne, ne mangeremo buona parte grigliato in riva al fiume; il resto lo regalo al grizzly-man.
Mentre scatto le foto di rito vedo i compagni di avventura sforzarsi in qualche sorriso amaro durante gli ultimi lanci. Poi tutti a bordo, si scendono le ultime rapide, quelle stesse che cercavano di strapparmi via la mia grande felicità pinnata! Lo guardo sconfitto, inerme, legato con una corda al gommone che scende con noi, mi dispiace ma sono anche molto fiero di questa cattura, qui mi sento più vicino allo spirito dell’uomo che trova il suo ruolo di cacciatore in una Natura preponderante per realizzare se stesso e compiere il senso della sua esistenza. Vedo Marta in lontananza, è seduta e legge pacifica nella luce del tramonto, mi sbraccio in segni di esultanza, mi vede, capisce e riconosco quanto è felice per me. E’ perfetto.
Alaska. Non c’è un nome di luogo nel mondo che abbia potere evocativo più grande per me.
Un luogo, uno degli ultimi sulla Terra, dove la vita dell’uomo è ancora una sfida aperta alla sopravvivenza, un luogo dove gli esseri umani sono ancora ospiti della Natura, come è giusto che sia. Alaska, dopo qualche giorno non può essere più un viaggio da turisti, è un modo di sentire, di apprezzare l’aria fredda del mattino, la luce di mezzanotte, sguardi e parole di nuova intensità, è stare bene con poco e desiderio di scoprire di più, di vivere ancora la meraviglia del pianeta.
Stanotte andremo a Valdéz, ci aspettano barche tra i ghiacciai, orche, balene, leoni marini, pinguini, altre aquile; quindi tanta strada nella Kenai Peninsula e poi idrovolanti verso ovest, verso le terre dei grandi grizzly tra le foreste del Katmai … Ma riuscirò a pescare ancora? Magari a spinning o a mosca con le mie canne? Prenderò altri salmoni tra fiumi e mare? Vorrei tanto prendere le altre specie e farlo da solo… sogno Silver “Coho”, sogno Red “Sockeye” ma anche la curiosità di prendere un “Pink”… Intanto mi godo questo inaspettato enorme successo!Un altro sogno di pesca che si è realizzato, combattere da riva un salmonide così, in una tale corrente, in un posto tanto speciale. Eppure il viaggio è ancora lungo e l’avventura è ancora tutta davanti a noi… Da leggere nel prossimo report!
Rock’n’Rod
See You Spoon
In Rod We Trust
Aspettavo qs report 🙂
l’ho letto talmente tutto d’un fiato che ho sicuramente saltato 1/3 del testo….
devo rileggermelo 😉
Czz se te lo sei meritato, ci hai creduto fino in fondo e sempre al 100%
Grande!
Al prossimo racconto
Fede
Grazie mille Fede! E’ davvero un piacere leggere commenti come il tuo 🙂 A presto, rock’n’rod Pietro
Dite a questi che lavorano di starsene un po’ zitti, che devo leggere il report!
Ahahah! Come ti capisco! Lavorare, lavorare, lavorare, preferisco tornare a pescare!
Bellissimo racconto e tanta tanta sana invidia!!!!!!!!
Grazie mille Claudio 😉 Rock’n’Rod
“Alaska. Non c’è un nome di luogo nel mondo che abbia potere evocativo più grande per me.” Parole sante. Commisi lo stesso errore nel ’97 quando andai laggiù con la fidanzata. Fu un viaggio d’inferno, per me perché non riuscii a pescare a sufficienza (vale a dire tutti i benedetti giorni di quella vacanza) ed altrettanto per la mia compagna, che capi’ una volta per tutte con chi aveva a che fare. Comunque sull’aereo del ritorno decidemmo di sposarci.
Grazie Pietro per aver riportato indietro le lancette del mio orologio. The last frontier, ti entra dentro, per sempre. A
Ciao Alessandro, grazie del tuo messaggio! Vedo che sai perfettamente di cosa parlo… The last frontier cambia il dna delle persone, è un pensiero latente, un desiderio sempre vivo, una possibilità conturbante 🙂 Grazie ancora è bello sapere che uno scrittore come te ci segue! A prestissimo! Pietro
Ohhh finalmente il report è arrivato!!!
Congratulazioni!!!! Che bella esperienza, che posto da sogno, e quanta sana, genuina, amichevole invidia!!!!
Ma alla fine hai usato la tua di canna? Bravo! Ancora complimenti!!!
Ciao Edoardo! No per questo treno ho usato la canna dei ragazzi con il 100lbs… e per fortuna, la frizione comunque è partita a mille all’ora e non si è stancato in fretta…
Però nella Seconda Parte del racconto, che scriverò presto, potrai leggere di altre “avventure alieutiche” dove ho usato solo e soltanto la mia attrezzatura, completamente indipendente e con tanta tanta soddisfazione 😉 Grazie infinite e a presto!
Pietro ho gli occhi lucidi … E non molto da aggiungere aspetto la prossima puntata
Ciao Fabio! Come stai? Grazie mille del commento! Spero di non deluderti con la seconda parte. Grazie davvero 😉
E… a prestissimo!
Rock’n’Rod
Benissimo Pietro grazie, il racconto sara’ come sempre al top!
Grande Pietro!
Me lo ero perso questo tuo report anche se sapevo che lo avresti scritto….
Grazie della condivisione, sono felice di averti letto.
Come tu dici: “E’ perfetto”
un abbraccio, ciao
Ciao Gabriele!
Grazie mille del commento mi fa davvero piacere!
A presto 😉
Rock’n’Rod