E niente, alla fine anche quest’anno ci siamo cascati, peggio ancora delle altre volte però… Ma andiamo con ordine: mercoledì avevamo appena deciso di andare a cheppie sul Taro quando un satiro mi tenta con il miraggio di una prodigiosa risalita di pesci da 60 centimetri. In men che non si dica la brigata si dice pronta al sacrificio chilometrico pur di misurarsi con pesci simili…
L’appuntamento è comodo, ma Pietro riesce comunque a presentarsi rovinato in due dai bagordi di un matrimonio, finiti poco prima della sveglia. A completare il gruppo, Francis e Matteo, smaniosi di aggiungere un nuovo pesce nel loro acquario. I kilometri si susseguono, come le regioni, fuori dal finestrino. La grinta sale insieme alla noia di stare in macchina. Autostrada, caffè, sigaretta, autostrada. Poi autostrada, autostrada, autostrada. Ma alla fine, dopo ancora un po’ di autostrada arriviamo nella terra promessa, dove scorrono fiumi di acqua e cheppie. Con un tempismo che ha del miracoloso, attraversiamo il fiume sacro alla patria sulle note del remix delle sparate migliori di Germano Mosconi. È tutto perfetto.
Un paio di inversioni da plotone di esecuzione ci portano esattamente dove speravamo. Il fiume davanti a noi è davvero una meraviglia: i toni del blu di raschi e buche spezzano il colore dorato della sabbia che li circonda. Il gorgoglio dell’acqua è interrotto solo dal cinguettare che proviene dagli alberi alle nostre spalle. E siamo soli a godere di tutta questa bellezza. Ma visto che non siamo lì per limonare tra noi, in poco tempo iniziamo a tempestare l’acqua di lanci.
Il gruppo si sfalda velocemente, alla ricerca del salmone nostrano: Francis e Pietro scendono, io risalgo e Matteo indugia nel primo spot. Dopo qualche centinaio di metri arrivo in fondo a un canale in cui, più sopra, sta già pescando un moschista. Concentrato sulle mie cose, risalgo, sorpreso di non avere ancora un’infiammazione del tunnel carpale a causa delle troppe prede salpate… Con la coda dell’occhio vedo la canna da mosca flettersi sotto le poderose sfuriate di una cheppia. Tempo di girarmi a lanciare, che la canna del pescatore a mosca è piegata di nuovo. Sono arrivate! Faccio un briefing veloce con muscoli, tendini e articolazioni per prepararli all’inferno che li attende. E invece tutto tace mentre l’amico con la coda di topo non fa a tempo a rilanciare che si trova anche due cheppie alla volta attaccate alle mosche…
Poi, come un fulmine a ciel sereno, arriva la botta, secca, potente, rabbiosa. La canna resta piegata mentre la frizione lascia scorrere qualche spira di trecciato. Il pesce, che stimo tra i 50 e i 60 centimetri, si slama dopo un salto spettacolare. Nel giro di pochi minuti ne attacco altre 3 mentre Matteo trema e suda come un eroinomane a rota per paura di non prenderne nemmeno una. Ma anche per lui la fortuna gira e inizia a prenderne e perderne un buon numero. Francis ci raggiunge e finalmente anche lui può eliminare la voce cheppia dall’elenco di pesci da prendere. Pietro? Lui dorme serenamente su una colonia di ragni assassini per riprendersi dalla serata.
Salutiamo il moschista e, dopo una breve sosta paninara, scendiamo al fiume in un altro punto. E qui cambia la musica. Il greto è invaso da serial griller, bagnanti e mandrie di gente stesa a prendere il sole, giocare a racchettoni e schiamazzare allegramente. Passiamo coi waders ben allacciati e gli scarponcini chiodati di fianco a ragazze in topless, e si, sembriamo degli idioti. Scendiamo dove il marasma lascia il passo alla relativa tranquillità e peschiamo il poco tempo ancora a disposizione: Pietro, ancora in cappotto, parte in solitaria e torna con qualche pesce all’attivo, Matteo se la cava con qualche preda, ma Francis inizia a spiaggiare cheppie a un ritmo forsennato grazie al colore giusto dell’artificiale, poi prontamente perso su un ramo della sponda opposta.
La giornata è naturalmente più che piacevole, fare il tiro alla fune con migratori marini ancora nel pieno delle loro forze è una divertente alternativa alieutica, ma…
Ma la consapevolezza di pescarle proprio nel momento di massima vulnerabilità, la vista di schiere intere di pescatori accaniti pronti a catturarle, il fatto che un sacco di gente non aspetti altro per tutto il resto dell’anno, riuscendo a fare 60 uscite a cheppie in un mese, il fatto che tutti cerchino di catturarne una quantità smodata e la loro “estrema delicatezza”, appesantiscono un po’ la leggerezza della giornata.
Alla fine, le povere cheppie, ci facevano un po’ pena. Tutte queste considerazione dovrebbero portarci a fare massimo una o due uscite per stagione, godendo a pieno di questo momento, senza però calcare la mano e approfittare eccessivamente della situazione. Ricordando di pescare senza ardiglione e tenere bene ossigenati i pesci. Noi, per scelta, di uscite a cheppie ne abbiamo fatte tre negli ultimi quattro anni!
Ci trasciniamo alla macchina, cotti dal sole, stravolti, ma con la consapevolezza che attraversare il gregge che ci guarda di sottecchi non è l’ultima fatica della giornata: autostrada.
Rock’n’Rod
Bravi! Mai presa una …. Pero’ avendo un papa’ trevisano magari una cheppiata ci scappa.
La parte che mi ha fatto scompisciare e’ quella di Pietro tra i ragni assassini !