Gli affluenti del Sesia: paradiso delle fario

Fario&fario
Ci sono giorni in cui la ricerca della regina dei nostri sogni lascia il passo alle principesse. Ci sono giorni in cui la bellezza di una trota ripaga più della sua grandezza. Ci sono giorni in cui, semplicemente, vuoi tornare alle origini.

Canna vintage in fibaliteAllora si abbandonano le canne da due once, i mulinelli potenti e gli spessi trecciati per afferrare cannette da 5 o 6 piedi, mulinelli caricati con nylon dello 0,16, una manciata di artificiali da pochi grammi e si inizia a esplorare. Le buche si alternano, uno dopo l’altra mentre risaliamo i massi scivolosi delle sponde. Abituati come siamo ad attrezzature ben più pesanti, i primi lanci sono imprecisi al limite del grottesco, costringendoci a recuperare le esche tra i rami, i rovi o i sassi.

Mano a mano i ricordi riaffiorano, la mano si fa più ferma e i rotanti iniziano a cadere dove dovrebbero. Le canne iniziano a piegarsi per assecondare le fughe dei piccoli gioielli che abitano queste buche sperdute. Ci inerpichiamo in mezzo a paesaggi da favola in cui sembra quasi un delitto lasciare un’impronta del proprio passaggio, ma in cui è meraviglioso lanciare un rotantino.

I lanci a disposizione prima di mettere in allarme le fario di una buca sono pochi, pochissimi: uno o al massimo due prima di vedere le fario scappare nelle proprie tane. Poi si riprende a scarligare sui massi, quinte perfette che nascondono raschi, lame e salti d’acqua
Piccola fario variopintaminiaturizzati. Crederesti di poter arrivare fino alla sorgente di queste acque cristalline fino a quando la montagna ti ricorda che devi fare quello che vuole lei.

E allora torniamo sui nostri passi, inebriati dall’esperienza, per correre verso un altro affluente e vivere ancora l’intimità della natura. Ancora avidi dei colori delle fario, capolavori
colorati a mano da mano sapiente: i punti rossi che spiccano fieri sui toni del giallo e del marrone e le macchie parr che screziano i volumi del blu. Saliamo ancora, metro dopo metro, cercando di arrivare verso il paradiso, ma forse, ci siamo già.

Rock ‘n’ Rod!

3 Comments

  • Mimmus ha detto:

    Questa è la “mia” pesca! Ciao, ragazzi

    • liuis ha detto:

      Ciao Mimmus vedo dei posti stupendi, delle catture magnifiche
      sembra proprio di essere in un altro, un mondo quasi al confine della realtà
      ma che qualcuno può rovinare per esempio con quel pneumatico che si vede in foto,
      assurdo

      liuis

  • Pietro Invernizzi ha detto:

    Ciao Mimmus,

    anche io ho pescato prevalentemente così dai 6 ai 26 anni 🙂
    Una pesca fatta di ambienti bellissimi, dove l’importante è non farsi vedere mentre risaliamo il torrente e riuscire a fare il primo lancio nel modo giusto. Che l’esca, di solito un piccolo cucchiaino rotante, cada esattamente in testa alla buca, magari sotto i rami e tra due sassi… pochi giri e… tac… eccola, matematicamente la trota della buca. E nelle buche più significative, se abbiamo fatto tutto bene, potremmo avere anche delle belle sorprese, magari di 30 o più centimetri. Vere Regine se si pensa che ad esempio i due affluenti che abbiamo pescato noi erano poco più di un ruscello…
    E’ bello ritornare a questa pesca, io per l’occasione ho rispolverato la mia prima canna da pesca! Una hardy anni ’60 che mi fu regalata da bambino! Il mepps uno e due la fanno da padroni, ma anche dei micro minnow, tipo Rapala cd3, hanno dato belle sorprese nei mini raschi o nelle acque più lente.
    Ovviamente in posti così: Catch and Release consapevole e ardiglioni schiacciati!!!
    Rock’n’Rod

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