Pesca a ninfa in alta valle

Trota fario a ninfa
Trota fario a ninfa
Trota Fario Valsesia (foto dell'ammico Renzo Bortolazzo)

Trota Fario Valsesia (foto dell’amico Renzo Bortolazzo)

Pescare è un esercizio della mente che ripetiamo infinite volte anche lontano dall’acqua.

Fiume, lago o mare, l’importante è pescare.

Essere in pesca è la condizione d’animo naturale del vero pescatore che all’acqua ed alle sue creature rivolge la sua attenzione, il suo sentimento, anche quando un destino beffardo lo trattiene ancorato ad una scrivania. Non sono abbastanza ricco da poter pescare ogni volta che voglio, non sono abbastanza povero da doverlo fare per forza, ma grazie al cielo ho un lavoro che mi permette di andare a pesca per diletto almeno una volta alla settimana. No, non questa settimana. E’ sabato e sto lavorando. Lavorando, beh… il tempo per volare con la mente al fiume si può trovare, così nasce questo racconto breve, ricordando sabato scorso!

Come dice il poeta: Lavorare, lavorare, lavorare… Preferisco continuare a pescare.

 

Pietro, Max e Roberto camminano verso l'alto torrente

Pietro, Max e Roberto iniziano il cammino verso l’alto torrente

Ieri sera pioveva forte e tutta notte ha diluviato così, anche se ho dormito qui su in valle, ho deciso di riposare un po’ e non puntare la sveglia. Le giornate sono lunghe in Giugno e, se l’acqua dal cielo ci darà una tregua, l’acqua del fiume sarà pescabile al suo meglio anche nelle ore centrali e nel lungo tramonto.

Alle sette mi sto stiracchiando con la flemma di un vecchio gatto sul balcone della locanda, nuvolone nere nascondono le creste delle montagne ed il torrente mugghia cupo con schiume scure come il caffè che sto bevendo.

Alle sette e trenta sono tra i sassi della sponda del Sesia, in un tratto tipico da caccia alla regina ed io questo solitamente sono: un pescatore a spinning in caccia di grandi trote. Grande canna, attrezzatura pesante ed esche selezionate e studiate per stanare “quelle grosse”, poco importa se c’è da rischiare un cappotto.

Il fiume è alto, almeno mezzo metro più alto del giorno prima, ma il colore dell’acqua è il problema principale: è cioccolato fondente. Tutti sanno che i momenti migliori sono quando il fiume sale e quando il fiume scende, la piena fa uscire le grandi signore a banchettare così per il pescatore a verme o per quello a cucchiaino possono essere giornate memorabili… ma l’acqua se troppo sporca è un problema.

Qualche lancio lo provo, una mezz’ora circa. Ma non sono convinto. Mi siedo su un grande sasso, appoggio la canna accanto a me e ascolto il canto dell’acqua, mi raccolgo in me stesso e mi rendo conto che… non ho voglia di fare quella pesca. No. Oggi non voglio dare la caccia alla Regina, è una pesca che ritengo sacra e non voglio farla come fosse una routine, non senza concentrazione e motivazione. Oggi avrei voglia di mettermi alla prova con tecniche che conosco poco e magari esplorando acque ancora sconosciute. Mi alzo e chiamo l’amico Massimo, ci speravo, sta andando in alta valle per pescare a ninfa e si offre di farmi da maestro e guida!

Caffè insieme e saltiamo entrambi sulla sua macchina, lui è un bravissimo pescatore a mosca, io invece sono piuttosto scarso. Lui non perde occasione di rimarcare questa differenza, ma è molto simpatico e gentile. Saliamo per diversi chilometri la valle, ma il fiume che corre alla nostra sinistra resta comunque troppo alto e sporco per poterci pescare bene.

Arriviamo in cima alla valle, sopra Alagna! Hic sunt leones. Nei ventiquattro anni in cui ho pescato questa valle, non ho mai lanciato in queste acque, mai il Sesia tanto vicino alle sue sorgenti!

tratto dal sito di moschisti "pipam.org"

tratto dal sito di moschisti “pipam.org”

Armiamo le canne da pesca a mosca, quelle giuste da ninfa, lunghe per code sottili: dieci piedi per coda tre la “mia” (prestata da lui N.d.R.), dieci per la due la sua. Coda, spezzone di nylon robusto di un metro e mezzo circa, spezzone di nylon arancio e giallo fluo di trenta centimetri circa che serve da segnalatore, poi ancora qualche decina di centimetri di nylon 0,27, poi di nylon 0,25 e quindi 0,20 e 0,18. Io mi fermo allo 0,18; l’acqua è velata e non ho voglia di stressarmi troppo sulla tenuta. Massimo pesca “a filo”, cioè non usa la coda ma un lunghissimo finale di nylon, più difficile da manovrare ma più sensibile, il suo terminale credo sia 0,16 o 0,14, ma anche lui due ninfe. (Vedi foto del nodo per fare il “bracciolo”. N.d.R.) Cose banali per tutti i pescatori a mosca, ma non per chi vuole avvicinarsi a questa divertentissima tecnica che, disprezzata dai puristi della “mosca secca” è in realtà un ottimo modo per avvicinarsi alla pesca a mosca in genere, senza le complicazioni del lancio e con maggior facilità di cattura.

La ninfa più pesante la mettiamo in fondo e sul piccolo bracciolo di qualche centimetro quella un po’ più leggera.

Mentre scendiamo verso il fiume ripenso alle volte che ho pescato così, si contano sulle dita delle mani, ma quasi sempre con grandi maestri: Ale in Adda, poi Stefano e Max in Toce e sul Melezzo, il Crozzo in Sesia, una volta solo in Mastallone, in California altre due volte e poche altre ancora fino all’ultima con Mauro ancora in Adda. Sempre con il grande entusiasmo di apprendere da chi ne sa di più, con la voglia di diventare più bravo, di capire come funziona, cosa fare quando e perché!

Pietro in pesca a Ninfa

Pietro in pesca a Ninfa

Max mi fa pescare la prima buca e mi osserva… mi rimprovera almeno una decina di errori:

<Posa più armoniosa, non devi frustare… Non è una catapulta, più delicato!> e ancora: <Stai sempre in contatto con il fondo, sin dal primo secondo!> , <Segui la velocità della corrente, asseconda, non frenare ma non accelerare…>.

Cerco di memorizzare tutto e di non fare disastri appendendo ami e finale agli alberi intorno.

Non è passata mezz’ora che lui è poco avanti a me ed io sento inconfondibile il tremito di un’abboccata, in silenzio, concentrato ho ferrato, <C’è!> lo dice Max, non io, <Bravo Pietro! Bravo!>, capisco la sua gioia, la provo anche io quando insegno lo spinning ad altri; la lunga canna si flette molto e tenere la lenza tra le dita della mano sinistra regala una piccola lotta molto emozionante anche con una trota iridea poco oltre i venti centimetri! La prima trota presa e fotografata: è l’inizio di una grande giornata!

Il fiume è difficile ancora per un’oretta ed i pesci sembrano apatici, poi l’acqua da torbida si fa velata, il livello cala un po’ e le abboccate si fanno più frequenti. Ma soprattutto io vorrei abboccare a qualsiasi cosa: panini, polenta, pasta… non sarebbe difficile trovare l’esca giusta per farmi mangiare!

Pietro e la prima trota di giornata a ninfa

Pietro e la prima trota di giornata a ninfa

Massimo prende diverse fariotte e porta a riva una bellissima marmorata pura poco oltre i trenta centimetri che rilascia subito in acqua, senza neppure uno scatto, applausi.

Mi dice di provare una buca sotto il suo sguardo vigile… lancio male e continuo peggio. <Fai proprio schifo come pescatore a ninfa!> è il commento lapidario del Professore.

Io non pesco più… risparmio le calorie per non svenire di fame, supplico un break e, finalmente, mi viene concesso di sbranare! <Grazie Prof, pescherò meglio il pomeriggio>.

Si unisce a noi un altro amico, Roberto, pescatore micidiale a verme. Guardando qualche sprazzo di cielo azzurro tra le nuvole scure, confidiamo nella clemenza degli dei e scegliamo di risalire un affluente di destra dell’alto Sesia.

Posti meravigliosi! Non ho mai pescato neppure qui, sono al settimo cielo.

Si fa a gara di gentilezza e, da signori quali siamo, cerchiamo di non prevaricare mai gli altri alternandoci al primo lancio buca dopo buca. Qui prendiamo tutti, io prendo diverse piccole iridee forse nate nel torrente, a giudicare dalle strepitose macchie parr e dalle pinne fini e grandi, ma anche diverse fario piccole ma dipinte a mano; Roberto prende le più grosse, fario scure sui trenta centimetri e Massimo non è da meno.

Trota del Sesia

Trota del Sesia

Non c’è colpo di scena in questo racconto, non arriva il momento del “mostro”, della cattura da record, ma neppure la stavamo cercando; il colpo di scena è proprio questo: le catture memorabili di questa giornata sono state l’amicizia vera, la condivisione sincera di una passione che ci ha permesso di stare immersi in armonia con la natura più pura e nascosta, la scoperta di posti incantevoli e remoti, lontani da progresso inquinamento rumore e antropizzazione di qualsiasi tipo.

Smontiamo le canne dopo l’ultima trota, sorridiamo mentre un tuono potente ci ricorda che è meglio tornare sui nostri passi verso valle.

Inizia a diluviare proprio quando siamo alle macchine.

E’ stata proprio una giornata di pesca stupenda, vale davvero la pena di cambiare abitudini ogni tanto, nella pesca come nella vita, per diventare davvero bravi bisogna specializzarsi in qualcosa, ma per rinnovare in noi stessi meraviglia e piacere bisogna mettersi alla prova con il nuovo.

Rock’n’Rod

See You Spoon

In Rod We Trust

2 Comments

  • liuis ha detto:

    Mi fai invidia, anchio ci sono stato, però ad Alagna l’anno scorso, ho preso delle bellissime Fario, ma di Marmorate neanche l’ombra, spero di poterci ritornare presto, vedo che anche tu con la pesca a mosca peschi alberi, non te la prendere io sono ancora peggio, se tu fai un lancio di 10 metri io lo faccio di 2, sono ancora imbranato, ma sono sicuro che prima o poi riuscirò
    comunque ancora complimenti belle catture

    • Pietro Invernizzi ha detto:

      Ciao Liuis! Le marmorate a monte di Riva Valdobbia sono rare come mosche bianche e credo non ce ne siano proprio più sopra quella cascata a monte di Alagna. Dai che prima o poi ci vedremo in pesca 😉 A presto! Rock’n’Rod

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