La prova del viaggiatore

Il ristoro del pescatore
Avrei voluto scrivere qualche parola per introdurre Federico, la giornata, la pesca e le chiacchiere. Ma visto che l’aveva già fatto lui, vi lascio alle sue parole.

Tutto era pronto. Un colpo di pedivella accese il motore e il viaggiatore, con due panini, una Coca Cola e la sua fedele canna da pesca nello zaino, partì in sella al suo vecchio Booster Spirit del 95′ in direzione Sondrio. L’Adda era un grosso fiume rumoroso e soleggiato, troppo esposto alla routine dei paesini vicini, che non trasmetteva le stesse emozioni dei piccoli torrenti e riali che si facevano strada tra anfratti inorriditi, scavati nella roccia col passare dei millenni. Luoghi quasi impenetrabili, circondati da un prezioso alone di mistero, dove il silenzio della natura veniva interrotto dalla metamorfosi dell’acqua e dalle gocce che fuoriuscivano dalla pareti rocciose e rintoccavano i massi sottostanti, creando un atmosfera quasi magica. È qui che il viaggiatore si spingeva, per fondersi con il cosmo e vivere momenti di panismo affiancati all’azione di pesca, alla continua ricerca della grossa regina. La passione era forte e seguire la propria passione porta al raggiungimento di grandi risultati. Correva l’Aprile del 2014 quando un noto gruppo di pescatori che si fa chiamare Anonima Cucchiaino bizzarro intervistarono quel viaggiatore/pescatore perché aveva attirato la loro attenzione. Quel ragazzo sono io.

Fine maggio 2015
L’appuntamento è alle ore 8.00, ma io arrivo, pieno di vergogna con un po’ di ritardo. Entro nel bar e noto subito due loschi individui vestiti con abbigliamento tecnico da pesca. Non posso sbagliare, e così conosco i due Big dell’Anonima: Jacopo e Pietro. La giornata non è delle migliori, fa freddo e il cielo è coperto da un tappeto di nuvole che scrosciano acquazzoni sulla valle in modo imprevedibile e irregolare. E già temiamo per la pescabilità del fiume.

Ma il peggio arriva quando, in mezzo a spinner esperti dico: “Io oggi pesco a verme”.

Una serie di occhi si precipitano su di me, sguardi scuri a cui non servono parole per esprimere quello che vogliono trasmettermi, è come lanciare un guanto di sfida in una giostra medioevale. Peggio, si accende una di  quelle sfide universali tipo PlayStation vs Xbox, coulotte vs minigonna, Sky vs Scarabeo. Più dura di tutte queste sfide c’è solo quella spinning vs verme, una di quelle questioni a cui l’uomo non ha ancora dato risposta. Gli insulti e i malauguri arrivano a manetta e sono equiparabili alla portata del Sesia.

Aggressività 2È la prima volta che pesco in un fiume così grande e profondo, una situazione parecchio diversa dai profondi e stretti orridi, in cui torrenti hanno una piccola portata. Il Sesia è una dolce lama d’acqua, intervallata da tratti più nervosi e spumeggianti. Sono teso. Non solo per la location, ma perchè consapevole di essere al cospetto di due pescatori di grosso calibro (che comunque alla fine della giornata avranno preso poco o nulla… n.d.r.) e che al di fuori delle goliardiche rivalità tra le nostre tecniche di pesca, è una giornata definibile, citando il Profeta dei NoExpo: l’emblema di una storia nata dall’intreccio di passioni portate avanti sempre con fierezza e volontà. Non è una gara, non ci sarebbero stati vincitori e vinti ma davanti a due pescatori come loro non posso fare brutta figura, è una prova per me stesso e io ho bisogno della mia Regina da portare all’altare dell’Anonima Cucchiaino.

Bastano tre lanci per far incagliare la corona di piombi in un masso sommerso e perdo 15 minuti per rifare la montatura. Rifatta la montatura, dopo pochi lanci la storia si ripete. Nella pesca quando troppe cose vanno male in pochi minuti, sale il nervoso. Sono di fianco a Jacopo quando, con la terza montatura, porto a riva un piccola fario sui 15 cm, la mia prima trota del Sesia. Jacopo con non-chalance mi dice: “Strano che tu ne abbia presa solo una”. E capisco che ho sempre più bisogno di una bella cattura. Cammino per circa un’ora e arrivo in tratto in cui la lama è molto alta, intervallata da enormi Fario all'alba per Pietromassi. L’azione di pesca con una montatura da tocco è difficilissima, sembra di giocare a Snake con il glorioso Nokia 3310: il filo deve fare esattamente come il serpente, non deve toccare le rocce altrimenti spacco tutto. È molto difficile, ma non voglio cambiare spot, è perfetto.

In poco tempo le rocce mi strappano la terza e la quarta montatura. Sono affranto. Come faccio a tirare fuori una grossa trota se non riesco nemmeno a tenere in acqua la lenza? Mi fermo un attimo, mi siedo su una roccia con le gambe al petto ed il mento sulle ginocchia, fisso l’acqua scorrere e il sapore amaro  di delusione mi assale piano piano. Respiravo profondamente, alla ricerca di qualcosa che nemmeno io conosco. Mi sento impotente davanti all’esperienza del grande Sesia che ogni giorno deve affrontare decine di pescatori come me. A un tratto, “Eureka”. Il fiume è largo e pianeggiante: un vetrino, un grosso lombrico e un terminale dello 0,14 può risolvere i miei problemi. Ora la lenza è manovrabile tra rocce e corrente, perfetta per arrivare con precisione dove voglio.

Sono pochi secondi, ma posso giurare che per un attimo il cuore si è fermato. Un colpo. Forte. Ho un grosso pesce in canna che riparte verso il fondo del fiume trattenuto solamente da un leggero filo di nylon. Tira con poco nervosismo e tanta caparbietà, non cerca di divincolarsi e contorcersi ma dà forti strattoni ed impone la sua forza al suo rivale: io. Il recupero è difficile, perché so che a causa del sottile 0,14 non posso forzare, la canna è piegata e Lei cerca sempre la profondità. I minuti sembrano ore, il combattimento continua e una livrea brillò poco più in là, è una fario, sempre più vicina ai miei piedi. Sono felice, ma la felicità dura ben poco perché una potente e inaspettata ripartenza fa cantare la frizione ed il mio cuore si ferma di nuovo. Poi, il pesce smette di tirare, quello era stato il suo ultimo tentativo di sfuggire alla sconfitta. Tre, forse quattro giri di manovella e la regina è vinta. È Lei, è il pesce che cercavo, misura più di due spanne, 43 forse 44 cm, poco importa, è bellissima. La riossigeno a lungo per darle tempo di riprendersi dopo il combattimento fino a quando, con un rapido guizzo, si divincola dalle mie mani e torna nel grande fiume. Probabilmente per l’Anonima sarebbe stato un pesce di medie dimensioni nulla di ragguardevole e memorabile.

Federico e la sua preda

Per me è stato un simbolo della mia storia, quella di un ragazzino che ha trascorso gran parte dell’adolescenza su un motorino per cercare un luogo in cui lanciare la propria esca e che oggi si trova a pescare con dei veri professionisti mostrando loro il suo valore.

Jacopo con una marmorataNel pomeriggio Pietro mi affida un’attrezzatura da spinning, insegnandomi a gestire le varie esche nelle varie situazioni. In poche ore passo dall’altra sponda (non del fiume) (e neanche della tecnica di pesca… n.d.r.) e comincio a pescare a spinning come loro. In un attimo, un potente salto fuori dall’acqua fa temere a me e Pietro che Jacopo avesse in canna un pesce vela. Cazzo! Jacopo prende una marmorata purissima, un pesce di inestimabile valore e soprattutto che bisogna proteggere, perchè come dice il Profeta “Cioè, se trattieni una marmorata sei un coglione”. Trattenere un animale così a rischio equivale a mettere trappole per panda, non sarebbe eco-sostenibile (e anche un po’ da stronzi n.d.r.). Il buon Pietro, come il suo omonimo apostolo, mi tramanda nel corso del pomeriggio la parola degli spinners e diversi consigli, finché il Dio Cucchiaini me la mandata buona su un jerk color blu e argento e riesco a prendere la mia prima trota con questo tipo di esca.

1 Comment

  • Simone Ardigò ha detto:

    Ogni tanto vi perdo ma ritrovarvi é sempre una bella cosa….un faro di un luogo sicuro…..ne fate di cose…..anche riprendere vecchi discorsi…..il ragazzo cresce…..con la dottrina dei profeti si diventa degli UOMINI !!!!!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *