Una Vita Trascorsa Pescando – seconda parte

Thomas Mc Guane ed il suo portico

Thomas Mc Guane ed il suo portico

Thomas McGuane è una leggenda della pesca, e la sua vita di pescatore merita davvero di essere conosciuta, soprattutto noi dell’Anonima Cucchiaino amiamo profondamente le sue riflessioni, il suo approccio non agonistico, ma quasi spirituale alla pesca vissuta come ricerca, come strumento per perfezionarsi e per leggere la Natura, capire Dio o chi per lui, trovare il nostro posto nell’Universo se preferite. “Una vita trascorsa pescando” è il sottotitolo del libro, non potrebbe essere il titolo della vita di tutti noi?

In questo estratto del libro, alcune frasi che dovrebbero diventare un mantra per i pescatori di oggi!

Thomas McGuane - Il Grande SilenzioAbbiamo già riportato un estratto del suo libro “Il Grande Silenzio”, qui di seguito un secondo estratto su cui ogni pescatore oggi dovrebbe riflettere…

(Liberamente tratto da “Il Grande Silenzio” – Thomas McGuane, Dalai Editore 1999)

Compensare il tempo con l’intensità. Questo nella pesca è inganno, illusione. La pesca ti porta via moltissimo tempo. la chiave per capirla è tutta lì. Ecco perché nel nostro mondo ultraveloce i pescatori mettono in atto una sorta di attacco preventivo, e si autodefiniscono perditempo, fanatici e pazzi. In realtà siamo gente quasi sempre piuttosto tranquilla, ma il nostro atteggiamento verso il tempo ci pone in conflitto con la società di cui facciamo parte.
Dopo la morte di mio padre il suo migliore amico, che chiamavo zio Ben ed era un gran bravo pescatore, mi invitò per una giornata di pesca. Fu un giorno appagante in cerca di bone fish nel metro d’acqua invernale delle Content Keys. Al termine della pesca, in piedi sul molo, gli chiesi non senza trepidazione: <Zio Ben, ma mio padre era un pescatore in gamba?> Lui sorrise e rispose: <No, Tommy, non lo era. Nessuno però amava la pesca più di lui>.
Un enigma, per me. <Nessuno però amava la pesca più di lui>, ripeté. E vi sembra poco? E’ un pescatore migliore quello paziente che pesca a fondo sotto le fiancate della Senna, la donna nera con la canna fissa nella baia di Mobile, il maturo burocrate russo sul Volga, o il produttore cinematografico sul Kharlovka o sui fondali della baia di Ascension? Siamo sinceri: tutti quanti.
L’inverno scorso sono andato per trote su un piccolo fiume dell’Oregon. uno di quei rari momenti in cui la pesca a mosca è di gran lunga la tecnica più efficace. Dall’ombra di un gruppo di ontani spogli osservavo un branchetto di pesci rilucenti lungo una decina di metri. Ero a tu per tu con il successo. Mano a mano che mi avvicinavo, un tale che pescava con fissa e galleggiante, munito di stivali di gomma al polpaccio e di un liso giaccone di lana, mi seguiva con lo sguardo. Riuscii a ferrare un pesce e farlo scivolar via dal resto della frotta, a farmelo arrivare sotto, liberarlo, riprendere posizione e ferrarne un altro. Il pescatore con la fissa sembrò agitarsi. Liberai il pesce e ne presi un terzo. Al che mi si precipitò accanto con il guadino telescopico pronto. <Se non li vuole li dia a me>, disse.
<Io li lascio andare>, spiegai. <Mi piace pescare così>.
<Stia a sentire>, fece lui, <sono quattro giorni che cerco di prendere un pesce per dar da mangiare ai miei vecchi e non ce n’è uno che abbocchi. Non potrebbe darmi almeno questo qui?>.
Be’, ci pensai su. Erano quasi tutti pesci provenienti dai vivai ed era perfettamente legale ucciderli. Non che l’idea mi piacesse, ma gli risposi: <Va bene>. Pochi minuti dopo il pesce era nel retino: un luccicante, frenetico maschio non di vivaio. Il mio compagno fissò il retino e prima che potessi parlare disse: <Ahi, non ha le pinne tagliate. E’ selvatico. Lo lasci andare>.
Liberai il pesce e lo guardammo allontanarsi. Ci stringemmo la mano ed in un clima di cameratismo ce ne andammo ognuno per la sua strada. Ecco un uomo con cui si poteva parlare, un fratello di pesca, uno che si sarebbe schierato con noi contro dighe e chiuse. Sapeva riconoscere i pesci selvatici. (…) Il motto di ogni pescatore serio è <Più vicino a te mio Dio>. Da migliaia di anni il genere umano sospetta un legame tra pesca e religione. Ma se non riesci ad avere un ideale migliore del battere i tuoi amici in quanto a catture, del prendere qualcosa di abbastanza grosso da poterlo impagliare o del vincere una coppa, allora hai ancora parecchio lavoro da fare prima di diventare ciò che Izaak Walton definirebbe un pescatore.
Recentemente un vecchio amico mi ha detto che le due norme di vita a cui obbedisce sono: mai rivelare le tue postazioni di pesca, nemmeno a tua madre; gli altri pescatori sono i tuoi nemici numero uno. E’ imbarazzante percepire la nota di verità di queste regole. Ma sono convinto che le si debba superare. Sessanta milioni di pescatori disorganizzati vengono turlupinati da élite avide e inquadratissime. l’anno scorso (1998 N.d.R.), all’ombra di numerose associazioni ambientaliste locali, e contro gli auspici del 70 per cento della popolazione, il parlamento del Montana ha minato le migliori leggi sulla qualità dell’acqua delle Montagne Rocciose, trasformandole nelle peggiori. E questo nel centro della pesca alla trota del Nord America. Ciononostante ci scambiamo l’un l’altro sguardi carichi di sospetto neanche fossimo stressati e malfidenti cercatori d’oro del secolo scorso. Il mondo va avanti anche senza di noi, e utilizza i nostri fiumi per scopi ben diversi da quelli naturali. Dovremmo davvero unire le forze.

(il precedente articolo su questo libro lo trovate qui).

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