La trota lacustre nei grandi laghi mi è sempre apparsa troppo sfuggente per essere cercata in sporadiche battute di pesca.
A volte l’ho inseguita e trovata in piccoli bacini o nelle acque dei fiumi vicini ai laghi, ma intercettarla nel suo girovagare sotto la vasta superficie di un grande lago è ben altra sfida. Coloro che la cercano assiduamente sono soliti pescare con la molagna, la trotera… lunghe lenze con tante esche a varie profondità, trainate per chilometri. Quasi una pesca professionale più che di piacere.
Invece lanciare un pesciolino finto da riva, un lancio alla volta, qualche decina di metri al largo, beh, quello è un atto di fede!
L’inizio della primavera ci aiuta, le trote accostano a riva e cacciano in superficie i primi piccoli pesci e forse anche schiuse di insetti.
E’ primavera e sono sul lago per diversi giorni, decido quindi di cogliere questa rara occasione e provarci con continuità. Per due sere lancio lunghissimo con una canna potente circa trenta grammi. Il filo è un trecciato sottile da venti libbre ed il finale è un fluorocarbon 0,25. Le esche? Long jerk argentati, tranvieri, bombix e minnow sui nove centimetri. Lancio lungo verso il largo, recupero a galla o circa un metro sotto la superficie. Mi sento pronto a combattere qualsiasi grande trota!
I tramonti sono favolosi e la seconda sera vedo una bella cacciata a galla. Trota o cavedano? Statisticamente è molto più probabile che sia un cavedano, ce ne sono tantissimi in questi giorni a bollare al tramonto, eppure mi convinco sia una trota. Sì, quella deve essere una trota! Nulla abbocca.
Al terzo giorno mi preparo a cambiare approccio, armo una vecchia canna, una Greys ultra-light da 0-5gr con un vecchio Abu Cardinal 4 bobinato a nylon 0,16. Esca? Nodo diretto su un piccolo ma letale Waxwing 5,5cm argento. Il mio istinto mi dice che questo approccio potrebbe fare la differenza anche se non sarei pronto a combattere una trota davvero grande…
La serata è dolce e io insisto pescando come i due giorni precedenti. Dopo circa mezz’ora mi sembra di vedere una cacciata lontano, al largo, a circa quaranta metri da riva la superficie si è rotta. Il mio istinto mi dice che pescando così non prenderò mai la trota, devo essere più raffinato, più delicato. Bevo un lungo sorso di Spritz e cambio canna!
Adesso ho un piccolo fioretto tra le mani che si flette in piega parabolica nel gesto accompagnato del lancio. Il nylon, sottile come un capello, si srotola velocissimo dalla bobina e il mio piccolo pesciolino d’argento vola sorprendentemente lontano. Faccio scattare l’archetto del Cardinal con il primo giro di manovella, questo mulinello è più vecchio di me eppure sembra nuovo. Ogni giro di manovella è rumoroso, un gracchiare di fondo a cui non sono più abituato ma che mi riporta alle mie prime esperienze di pesca alla trota, canne corte in fibalite e mulinelli Cardinal, nylon e Mepps… non serviva altro per risalire i torrenti con papà e innamorarsi perdutamente della pesca.
Con movimenti di polso e variando la velocità del recupero animo il nuoto dell’esca appena sotto la superficie dell’acqua. Al quarto lancio la canna si flette spaventosamente, non c’è botta in canna, è troppo morbida, semplicemente si piega fino al manico! Mentre giro la manovella non recupero filo: la frizione del mulinello sta già cedendo metri di lenza!
Canna elastica e sorda, decine di metri di nylon… una sensazione totalmente diversa dal carbonio alto modulo e dal filo trecciato a cui sono ormai abituato. La pesca moderna crea un contatto diretto e nervoso con l’esca e con la cattura: si “sente” tutto. Invece questo approccio nostalgico è certamente meno “performante” ma ha grande fascino e aumenta aspettative e mistero.
Capisco subito che non si tratta di un cavedano, ha abboccato molto al largo e la lotta è davvero caparbia. Certo la frizione tarata al limite del nylon 0.16 non è troppo forte e la canna è morbida, ma il tira e molla va davvero per le lunghe! Ho paura di perdere questo pesce senza vederlo… vorrei almeno la conferma che si tratti di un “fantasma del lago”, quei bellissimi e sfuggenti missili d’argento chiamate “trote lacustri”. Vorrei anche vedere quanto è grande perché sinceramente, con questa attrezzatura, non riesco a capire se è un pescione o un bel pesce.
Quando finalmente le distanze si accorciano l’elasticità della lenza ammortizza meno la brutalità della lotta, io tengo la canna a punta bassa con il cimino in acqua per evitare salti, e recupero imperterrito. La canna sempre in piega estrema e la vecchia frizione che lavora in modo impeccabile con la sua inossidabile meccanica svedese.
La vedo. Nuota nervosa con bruschi cambi di direzione, avanti e indietro, destra e sinistra: trota! Sono felice ed emozionatissimo, pesce cercato e “intuito”. Non è affatto enorme ma è una cattura di cui andare fiero. Mi abbasso, guadino, presa!
La ammiro mentre è in acqua: maschio, totalmente lacustrizzata, livrea argento con “x” e pallini neri, becco prominente, pinne grandi e fini. Bellissima. Foto e rilascio!
Un colpo di coda ed è già sparita verso il largo e con lei il sole, ormai nascosto dietro le montagne.
Rock’n’Rod
See You Spoon
Hai detto bene, è un atto di fede insidiare certi pesci fantasmi! Bellissimo racconto e cattura fantastica!
Grazie infinite Andrea! A presto
Che pesce! Che colpo!
Consideravo le lacustri dei grandi laghi quasi un miraggio invernale nell’attesa dell’apertura di fiumi e torrenti, figuriamoci in primavera…ammetto però di non saperne molto.
Non penso avrei mai cambiato attrezzatura oltretutto…complimenti, questa cattura non me la aspettavo proprio!
Grazie mille Andrea! Rock’n’Rod
Fantastica veramente, bravo! da ragazzino andavo con mio papa’ d’inverno con la molagna a pescarle sul Maggiore, era una pesca di sacrificio ma con una frazione della soddisfazione che si prova a pescarle con una canna da spinning. Ora vivo in Inghilterra e pesco solo a mosca ma gli inverni passati sul Lago Maggiore mi mancano.
ciao
Marco
Grazie mille del commento Marco!
E …scusa il ritardo della risposta, si era perso tra altre email.
Stupende le acque inglesi…
A presto!
P.