Diciamolo subito, non è un libro di pesca. Ma la pesca è protagonista tra i protagonisti di questa storia, è quella lenza che lega vite, è una costante che attraversa i decenni in cui Pablita cerca risposte. Questo libro, scritto da Michele Marziani, che ormai consideriamo un vero e proprio amico di questo blog, è soprattutto avvincente, si fa divorare da pescatori e non pescatori; la trama e la calda convincente umanità dei suoi protagonisti, vi porteranno a empatizzare e a viaggiare lontano, pagina dopo pagina. Non vi resta che chiederlo in libreria, oppure ordinarlo on-line. Qui di seguito qualche pagina scelta per voi, ovviamente là dove acqua e pesci sono più vicini al lettore.
Liberamente tratto da “La figlia del partigiano O’Connor” di Michele Marziani edizioni Clichy –
«Una giornata così, senza una nuvola all’orizzonte, non si vede spesso a Roundstone. È il tuo giorno fortunato. Anche se a questo cottage dei Gallagher non troviamo nulla comunque ci facciamo una bella passeggiata in mezzo all’erica e alle torbiere. È nella zona dei laghi. È davvero un bel posto. Ho preparato dei sandwich così possiamo fare un picnic e prendere una specie di giornata di vacanza. Ho un thermos pieno di caffè e nel caso venisse freddo anche una fiaschetta di whisky irlandese».
Quando parla Elizabeth lo fa a raffica. E di prima mattina Pablita è sempre un po’ stordita. Prende la mappa disegnata da FDH ma Elizabeth dice che non serve, che conosce la zona. Ci manda a volte dei clienti, dei pescatori un po fissati con la trota nativa del Connemara.
«Con cosa?››
«Sono delle Brown Trout di un ceppo locale, nascono solo qui. Ci sono dei pescatori che vengono persino dalla Norvegia per poterne catturare una.
Queste trote si trovano soprattutto in alcuni laghetti lungo la strada indicata da FDH. Ho dovuto esplorare quelle zone per dare un servizio in più ai miei clienti. Capisci?››. Certo, capisce. Il cottage di Elizabeth offre qualsiasi cosa. Tranne un po’ di silenzio. Ricorda bene. E pensa a quanto sia strana certa gente. Fa tantissima strada per andare a pescare una trota. Chissà poi come si riconoscerà mai che è nativa del Connemara? Di trote ne ha viste tante nella sua vita. A casa, quelle pescate da papà. E anche in negozio, quelle che portavano i clienti per pavoneggiarsi un po’ e per mostrarle la sera ai perditempo della pesca. Sì, perché vendere attrezzatura da pesca implicava avere in giro per il negozio un gruppo di chiassosi nullafacenti che ogni sera dopo il lavoro andavano a perdere tempo e a farlo perdere a lei.
Quando qualcuno di loro andava a pesca sul torrente o in alta Valsesia o magari anche al lago, passava di lì a mostrare le sue prede.
Lei ne aveva viste tante di trote ma non avrebbe mai saputo dire se una fosse stata «nativa» di qualche parte.
Davvero una strana parola.
Sotto un cielo che sembra dipinto si mettono in cammino. (…)
Vede allora un uomo anziano, con qualcosa di strano. Lei non riesce subito a capire. Lui avanza con la canna da pesca in una mano e un bastone nell’altra. Ha indosso una giacca di velluto un po’ sgualcita, sporca,
stivali verdi al ginocchio, un cappello calcato bene in testa, la barba bianca, chiara e gli occhiali scuri, neri. Alto, magro, con passo sicuro nonostante l’età. Nonostante sia cieco. Ecco cosa non ha capito subito ma adesso le è chiaro.
(…) «Mi chiamo Martin O’Connor›› dice l’uomo dopo aver cominciato a fumare. «Vivo qui. Questa è casa mia.
Come potete vedere sono cieco.
(…) Si posiziona davanti all’acqua e con una naturalezza spettacolare comincia a lanciare allungando lo coda di topo,creando un gioco di lenza nell’aria. Sembra una danza. Come se non gli importasse degli ostacoli.
La lenza di Martin semplicemente ignora tutto quello in cui potrebbe Impigliarsi.
Pablita giurerebbe che mente, che ci vede benissimo. Ma Martin non può mentire e tanto meno vedere. Senza occhi non c’è margine d’errore.
Lei rimare sconcertata dalla grazia del gesto. Dalla precisione.
Continua a guardare mentre Martin allunga la coda di topo e fa scendere la mosca sul pelo dell’acqua. È un attimo, un secondo e la trota guizza in superficie a ghermire l’imitazione di insetto. La vede persino lei nonostante sia parecchio distante.
Martin sente la trota squarciare la superficie dell’acqua e strattona la canna, ferra, come dicono i pescatori, e il pesce comincia a dibattersi a fondo lenza, agganciato alla piccola Mayfly colorata costruita da Martin che non conosce i colori. Li annusa, come ha detto l’altro giorno quando erano al cottage. Lei guarda Martin prendere la trota come se fosse il gesto più naturale del mondo. La afferra, quindi la rilascia ben viva. Torni libera nel lago.
Papà non l’avrebbe mai fatto, pensa Pablita ricordando suo padre goloso di trote. Le è sembrato un pesce molto bello, ma lei è troppo lontana per vederlo.
Martin accarezza la mosca, la sgancia e la mette in uno scatolino. Anche questa funziona, si dice. Il sole è ormai alto da tempo. Per trovare il lago di Martin, a piedi, ci sono volute tre ore di cammino. Ma lei non teme certo il sentiero. E neppure il silenzio. Così resta a guardare quell’uomo mentre pesca dentro a un paesaggio che sembra un dipinto e lui nemmeno lo può immaginare.
Cerca di capire dove nascano quei movimenti così perfetti, così precisi. Si chiede come faccia, non tanto a riconoscere la strada, per quello comunque c’è Buck, ma a capire di essere davanti al lago, davanti all’acqua.
Quanto sarà grande per lui questo lago? Quanto sarà grande il suo mondo? Ci sarà mai caduto dentro? Al
lago, intende, non al mondo. Si sarà mai innamorato? Una donna gli avrà mai voluto un po’ di bene? Come
avrà fatto a decidere di farsi crescere la barba? Saprà radersi da solo? Saprà farsi da mangiare? Come? Senza scottarsi? Mentre lo pensa vede Martin appoggiare la canna e tirare fuori un sigaro dalla giacca di velluto.
Lo porta alla bocca, lo accende con grande disinvoltura.
Senza scottarsi, appunto. Lei vede un cieco. E un uomo solo.
Ma lui e Buck sentono il fruire del mondo, in una nuvola di fumo, nello scalpitio lontano dei cavalli selvaggi, nel battito d’ali di un uccello in fuga. Nelle gocce d’acqua quando cominciano a scendere. Nel Connemara piove sempre. Anche oggi.
Martin porta una mano alla cacciatora, nella schiena della giacca. Tira fuori un cappellaccio cerato e se lo
mette in testa.
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Altri libri recensiti su questo blog di Michele Marziani: “Un ombrello per le anguille”, “La trota ai tempi di Zorro” , “Il pescatore di tempo”.
Per conoscere meglio l’autore-pescatore Michele Marziani, clicca qui.
Un blog di pesca favoloso ed una storia di pesca in Connemara (da cui abbiamo “rubato” la cover – thank you guys!): http://www.sexyloops.com/blog/?s=connemara
Un sito interessante per la pesca in Connemara, clicca qui.
La pesca in Irlanda: http://www.fishinginireland.info/
Un’altra storia di pesca in Irlanda, lucci… clicca qui.