Alcune volte l’occhio è colpito da una cosa in particolare: un colore, una forma, un’idea. Poche volte invece, come questa, colpiscono tutte insieme. Ci sono forme nuove che scaturiscono da idee precise, movimenti particolari sottolineati da livree molto curate e la volontà di battere sentieri non percorsi (dai, a chi è mai venuto in mente di fare un minnow castagnola, salpa o sarago?!?).
Mi chiamo Francesco Lupo, ho 39 anni e vengo da Palermo. Che dire, essendo una città di mare non vedo altri luoghi senza di esso dove poter vivere, infatti appena trovo un po’ di tempo libero scappo verso il fratello blu. Fin da piccolo ho sempre avuto la passione di smontare oggetti per capirne il funzionamento e quindi di sperimentare. Ho sempre amato il settore dell’artigianato e adesso mi ritrovo con dedizione a costruire esche artigianali. Il marchio delle mie esche si chiama “Snap Up” perchè alla fine è quello il lavoro che devono fare: afferrare!
Da quanto peschi?
Ho cominciato a pescare circa 15 anni fa e da autodidatta poiché, non avendo parenti dediti a questo sport, non ho mai avuto una guida. Mentre dal 2010 in poi ho cominciato a praticare lo spinning. In ogni caso, come già detto, il mare è sempre stato molto importante per me e mi sono per giunta dilettato nelle immersioni, anche se non agonistiche.
Quando hai iniziato a costruire? Ti ricordi la tua prima creazione?
Costruzione e spinning per me sono due cose strettamente legate, probabilmente la vedo in questo modo perché ho cominciato a costruire “pescetti” praticamente da subito, circa un anno dopo aver iniziato lo spinning. Forse anche un po’ agevolato da una discreta manualità e dall’amore rivolto all’artigianato. La mia prima esca autocostruita è stato un long jerk, che chiaramente risultò un fallimento… esteticamente non affatto male ma per quanto riguarda il nuoto, filava dritta come un soldatino! (Ahahahah) Ma è conservata con amore da qualche parte, magari per non dimenticare le proprie origini… Non ha mai catturato, ma almeno una volta soltanto mi ha dato l’ebbrezza di essere stata pedinata da un piccolo barracuda ed è bastato quel poco per rendermi felice tutto il giorno.
Perché hai iniziato ad autocostruire?
In primis, perché pescare con delle “creature” fatte con le proprie mani riesce a darmi un’emozione veramente forte. In secundis, perché essendo un processo creativo, mi permette di immaginare l’habitat marino e i suoi abitanti inducendomi nel tentativo di riprodurli verosimilmente, proprio come ho cercato di fare con alcune delle mie esche quali: Occhiata e Sarago, pesci molto frequenti nel sottocosta. Da ultimo, è un metodo che mi spinge a sperimentare nuovi progetti, fondamentali per la mia forma mentis.
Quando peschi che tecniche pratichi, dove e rivolte a che pesce?
Fondamentalmente pratico lo spinning in mare alle spigole, ma mi cimento anche nella pesca a mosca in acqua dolce, ma nonostante sia una nobile disciplina, non riesco a dedicarle molto tempo.
Qual è il tuo più grande vizio?
L’ozio! Che è il padre di tutti i vizi!
Qual è il materiale che ami di più? E quale tecnica di costruzione?
Indubbiamente il legno. La tecnica di costruzione che utilizzo è indubbiamente l’armatura passante.
Nel corso degli anni, produttori e tecnologie hanno migliorato molto le nostre attrezzature da pesca, per te qual è stata la novità più utile e rilevante?
Direi che le tecnologie che hanno migliorato e agevolato molto i pescatori sono state: il carbonio per le canne, la poca elasticità e la resistenza dei fili trecciati anche avendo diametri sottili, e l’insieme delle attrezzature sempre più leggere.
Qual è l’elemento che conta di più nel successo di un artificiale? Colore e realismo, equilibrio dei pesi e vibrazioni, forma e sua idrodinamica?
Di certo le vibrazioni sono molto importanti, ma credo che in un’esca non debba mancare nessuno degli elementi citati.
Ci descrivi i principali processi e fasi della costruzione di un tuo artificiale?
Il mio primo pensiero è rivolto al pesce che vorrei insidiare, quindi faccio uno schizzo dell’eventuale preda. Ma tecnicamente procedo in questo modo: disegno direttamente sul legno (se si tratta di nuovi modelli… altrimenti dima), creo una feritoia per alloggiare l’armatura e la paletta (se c’è), sagomo il pezzo, incollo l’armatura, piombo l’esca, la stucco, passo i solventi di protezione per il legno, alla fine colori e resinatura.
Quanto tempo dedichi all’autocostruzione e quanto alla pesca?
Dedico decisamente più tempo all’autocostruzione a scapito della pesca, ma solo per via degli impegni che ruotano intorno alla mia vita. Se fosse per me mi trasformerei proprio in un Sampei!
Cos’è per te la pesca e cosa significa per te costruire esche?
La pesca è libertà, oltre che un momento d’intimità tra me e il luogo in cui viene praticata e cioè il mare. La costruzione comunque è un qualcosa di assolutamente inscindibile dalla pesca. Sono due cose che vanno in simbiosi per me.
Qual è la tua marca di esche artificiali presente sul mercato preferita?
Non saprei, poiché come dicevo prima non uso più esche industriali, ma, forse, la Rapala è l’unica che riesce ancora ad affascinarmi.
Qual è il tuo sogno di costruttore di esche?
Credo sia quello di tutti… cioè di far girare le proprie esche in qualsiasi angolo del pianeta dove ci sia un po’ d’acqua e magari farlo diventare un vero lavoro.
Se potessi scegliere un altro costruttore a cui affiancarti, presente o passato, il più bravo, chi sarebbe?
In verità credo che ogni costruttore abbia uno stile personale e unico nel suo genere e che sia bravo a modo proprio. Non mi sento di fare distinzioni ma ricordo che all’inizio della mia avventura ho potuto fare tesoro di alcuni consigli che Claudio Gaspari, detto Cobra, grande conoscitore ed esperto del settore, mi ha dispensato.
Quali sono, nell’ordine, i primi materiali e attrezzi che consigli a chi vuole iniziare ad autocostruire? E con quale imitazione partire?
Per iniziare sicuramente legno di balsa (perché più facile da lavorare), un cutter, un paio di seghetti di diverse misure con lame per metallo, dell’acciaio inox 316 da 1mm facilmente reperibile nei Brico, pinze di media dimensione e di diverso tipo (becchi tondi, becchi dentati), colla (va bene l’Attak o qualsiasi altro cianoacrilato), stucco per marmo, tanta carta vetrata di 3 tipi di grana, un protettivo per legno tipo turapori o cementite, qualche bomboletta per colorare e resina bicomponente come protettivo finale.
Che consigli daresti a chi si avvicina all’autocostruzione?
Prima di tutto tanta umiltà, poi, capire il funzionamento e la fisica dell’esca. Provare e riprovare senza mollare, perché è questione di tempo ma le soddisfazioni arriveranno.
Per vedere tutte le sue esche potete andare sulla pagina di Snap Up oppure scrivere direttamente a Francesco per qualunque informazione.