Vado in moto da quando avevo 14 anni. A pesca, da molto prima. Era inevitabile che le due passioni si sarebbero incontrate, un giorno. Nella fattispecie, un giorno di dicembre: anno 1997, parecchi gradi sotto lo zero. A bordo di uno scooter Peugeot Metropolis 50, di ritorno da un Cappottone a lucci (certe tradizioni non cambiano mai), Jacopo ed io finimmo per errore in Tangenziale. Avevamo 30 anni in due, la metà di adesso. Jacopo aveva i jeans impregnati di acqua ghiacciata. Acqua del fiume Adda, in cui si era infilato per recuperare un’esca a cui tenevo. A proposito: grazie ancora Jacopo. I reati si prescrivono, i gesti eroici no. Da allora ho più volte cambiato moto e attrezzature da pesca. Quello che non è cambiato è il rapporto fra di loro: le mie moto devono sapere convivere con le mie canne da pesca e viceversa. Ogni tanto – anzi, il più spesso possibile – ci capita infatti di andare a spasso tutti insieme.
Per me le due passioni sono inscindibili. Il mio gilet da pesca è in realtà un gilet multitasca da moto, riadattato all’uso. Negli ultimi 15 anni sono andato a pescare pesci serra in Toscana a casa di Francis con una Triumph Bonneville, viaggiando di notte. Con una Moto Guzzi V7 sono arrivato al lago di Viverone all’alba in gennaio con -6 gradi. E in moto mi sono spinto fino a Istanbul dove, non avendo con me canna e mulinello, ho solo potuto invidiare i pescatori del posto (vedi il punto 10: il kit da viaggio). Ora la moto che mi accompagna sul torrente o fino in spiaggia è una Honda Transalp 700.
Su consiglio dell’amico motociclista Ulderico Falanga, che scrive per il sito web www.moto-ontheroad.it, ho deciso di trasformare la mia esperienza in un piccolo decalogo, costruito sugli errori passati, e destinato ad essere modificato in futuro in base agli errori che ancora farò. Una “guida minima”, che spero possa essere utile ai motociclisti che cominciano a pescare, come ai pescatori che per la prima volta si avvicinano al mondo delle due ruote a motore.
LA CANNA: Il primo e unico vero problema dell’andare a pesca in moto consiste nel trasporto della canna. Escludete di portare in autostrada una monopezzo da 2.10 metri! Le canne da lancio in due pezzi (che da smontate sono lunghe in media poco più di un metro) si possono fissare alla moto con cinghie e fascette di teflon. Oppure si può metterle nello zaino, di modo che una parte esca dalla zip verso l’alto, come fosse un’antenna. La soluzione migliore consiste però nell’acquistare canne “travel”. Ne esistono due tipi: telescopiche o composte da più sezioni scomponibili. Quando comprate una canna da viaggio, controllate che da smontata stia in una delle borse laterali o nel bauletto!
IL BAGAGLIO: L’attrezzatura da moto e quella da pesca hanno una cosa in comune: sono molto ingombranti. Per questa ragione quando si va a pesca, anche per battute da poche ore non lontano da casa, è sempre bene attrezzare la moto con tutte le valigie possibili: borse laterali e bauletto. Lo spazio non è mai troppo. Dove in marcia trovano posto gli stivali ascellari da pesca (i waders) e il gilet multitasca, una volta fermi si ripongono casco e stivali di pelle. Ovviamente sotto chiave, per evitare di tornare esausti dal fiume e scoprire che qualcuno ha dato una controllatina nelle nostre borse. Per questo quando si va a pescare è meglio lasciare a casa la borsa del serbatoio, che non avendo serratura non può essere lasciata montata sulla moto. Se si va a pesca su un fiume, in un torrente o in kayak è impensabile portarla con sé a tracolla!
IL CAMBIO D’ABITO: Le complesse e spesso comiche operazioni di “cambio d’abito” richiedono tempo. Passare in pochi minuti da una tenuta integrale in Gore Tex da moto agli stivaloni in lattice può non essere uno scherzo. Una buona idea è impietosire i gestori di bar e hotel nei pressi del luogo di pesca, chiedendo di potere usare una qualunque stanza come camerino. Solitamente viene offerto dal gestore un magazzino o l’anticamera del cesso. Altra possibilità, più pratica e “sportiva”, è cambiarsi per strada, restando in mutande nella piazzola di sosta di qualche stradina provinciale di collina. Il modello di riferimento è la scena del film una Notte da Leoni in cui i protagonisti indossano lo smoking per andare al matrimonio dell’amico. Nel caso cambio “al volo” è molto importante stare attenti a non perdere nulla per terra nel trambusto.
L’ACCESSO AL FIUME: Se disponete di una moto enduro, o se avete comunque una buona conoscenza del luogo di pesca e sapete come muovervi nel fuoristrada più facile, potrete permettervi il lusso di lasciare la moto a due passi dal fiume. Dove le Fiat Punto devono fermarsi, la nostra moto arriva con facilità: piste bianche malmesse, saliscendi, mulattiere ampie e asciutte e sponde non asfaltate sotto le nostre ruote sono come grigio asfalto. Inutile dire che farsi strada verso il fiume in sella è anche divertentissimo! L’importante è non lasciarsi prendere troppo la mano: sgasare lungo il fiume potrebbe non fare felici, anzitutto, gli altri pescatori. Come sempre, tutto sta ad avere il senso della misura. Altra indicazione: per diverse ragioni (precipitazioni e apertura delle dighe), il livello dei fiumi può variare in modo repentino. Per questo è bene evitare di lasciare la moto sul ghiaino della sponda al livello dell’acqua: se il fiume sale, al ritorno dopo la pescata ritroveremo la nostra moto che nuota con i pesci. Meglio allora lasciarla al sicuro, sopra gli argini di sicurezza.
I TRASFERIMENTI: Una volta indossato l’abbigliamento da pesca, soprattutto se avete i waders, la voglia di vestirvi nuovamente da moto per spostarvi da uno spot all’altro lungo il fiume sarà minima. Anzi, sarà nulla. Per questo vi capiterà inevitabilmente di fare alcuni km in sella vestiti di tutto punto da pescatori, con la canna montata incastrata da qualche parte, gli stivaloni, il gilet multitasche pieno di esche. Bene: sappiate che così agghindati sarete come carta moschicida per vigili urbani e carabinieri che doveste incontrare lungo il tragitto. Il consiglio è quindi di tenere a portata di mano i documenti della moto (in una busta impermeabile) anche quando si è in “assetto” da pesca, di modo da non dovere scavare nelle borse nel caso doveste essere fermati.
I CLIMI RIGIDI: Fatta eccezione per chi abita a Novosibirsk, la moto si può usare per 12 mesi l’anno. Gore Tex, manopole riscaldate, copertina Tucano anche per le maxi enduro e altre diavolerie tolgono ogni scusa a chi si ostina a sostenere che in inverno “fa troppo freddo per andare in moto”. Questo vale in generale, soprattutto per il tragitto casa – ufficio. Per il motopescatore la questione è più tosta, visti gli orari a cui la passione alieutica ci costringe. Svegliarsi alle 5 a Milano in gennaio e raggiungere il lago di Viverone al buio in autostrada può non essere gradevole. Soprattutto se poi in sei ore di pesca dalla barca, in quattro, si prendono zero lucci. Allora: qual è la soglia di sofferenza tollerabile? Quale il livello di ostilità climatica oltre cui non vale più il principio della moto “sempre e comunque”? La risposta è soggettiva, ovviamente. E il mondo dei motociclisti è vario. C’è chi a 20 gradi monta i paramani pelosi e non toglie la copertina nemmeno in agosto. E c’è chi all’Elefantentreffen si scalda solo con una maglietta dei Motorhead e molte birre nello stomaco. Tutto sta a trovare la propria collocazione fra questi due estremi.
LA SOLITUDINE: A noi motociclisti stare soli piace. La moto è un mezzo di trasporto per una persona, e il passeggero è appunto passeggero. Sale e poi scende. Questo vale anche per i passeggeri più affezionati (tipicamente, la fidanzata o la moglie) con cui si sono fatte e si faranno decine di migliaia di km. Ogni moto ha un proprietario, non due. Discorso analogo vale per i giri con gli amici: quattro motociclisti a spasso insieme restano quattro motociclisti, non sono una comitiva. Funziona così anche per la pesca. Andare a pescare con gli amici è bellissimo. Le battute di pesca, come i viaggi in moto, creano grandi complicità. Ma è bello anche pescare da soli fra alberi, sassi, cascate, silenzio, fruscii. La pesca di un pesce, poi, raramente è un evento collettivo: da una parte del filo c’è la trota, dall’altra c’è una persona. Il discorso cambia per la traina, dove comandante e pescatore sono una cosa sola. Insomma: pesca e moto si somigliano nell’approccio. Detto questo, la solitudine del trasferimento in moto può fare girare le balle. Quando vedi gli amici infilarsi in auto tutti insieme dopo una giornata sul fiume, già sai che scherzeranno sulla pescata conclusa, si scambieranno impressioni, si prenderanno per il culo. E tu, che come compagnia hai solo il frullare del motore, ti senti un po’ come la Grecia in Europa.
GLI ALTRI: A eccezione di chi fa enduro sulle mulattiere vietate alle moto, rompendo le palle a escursionisti e cercatori di funghi, il motociclista è generalmente benvoluto dalle persone che incontra. Ognuno di noi ha i suoi aneddoti da raccontare. Il ristoratore che ti vede arrivare stanco nella giacca di pelle ti stappa la bottiglia migliore. I ragazzini che si fanno fotografare con la tua moto. Il marinaio che in traghetto ti fa salire e uscire per primo. Lo stesso non vale per il pescatore. Le donne, anzitutto: tranne rare eccezioni, non capiscono e non possono capire. Facendo un brain storming fra le signore sulla parola “pesca” i concetti collegati sarebbero inevitabilmente: vermi, puzza di pesce, “poveri pesci”. Al motociclista che si accosta al fiume tocca quindi fare il callo all’idea che la sua nuova passione non gode della simpatia generale. All’inizio è dura, poi ti abitui. E sta a te dimostrare con gesti e parole che la pesca se fatta in modo responsabile non intacca la natura, non altera gli ecosistemi eccetra eccetra. In alcuni casi funziona, in altri no. Ci sarà sempre l’integralista che considera la pesca alla trota catch and release (pesca e rilascia) come lo sterminio di cuccioli di foca. Ma così è la vita. E tanto l’integralista ti odia comunque: per lui la moto e il petrolchimico di Marghera inquinano allo stesso modo.
GLI ALTRI/2: Fra motociclisti, quando ci si incontra, si è felici. Ci si saluta per strada, si chiacchiera all’Autogrill, si diventa amici in traghetto. Fra pescatori quando ci si incontra è un po’ diverso. Al bar o nei negozi di pesca il clima è disteso, il cameratismo è massimo. Incompresi dal resto dell’universo, i pescatori condividono un segreto. Il bon ton vuole che, lontani dall’acqua, non ci si metta in competizione. Sul luogo di pesca è un’altra storia: la vista di un altro pescatore non è quasi mai una bella sorpresa. L’altro pescatore potrebbe farti scappare i pesci con gesti maldestri. Oppure, molto peggio, potrebbe prendere all’amo i TUOI pesci! La differenza fra moto e pesca è che, mentre le strade sono infinite, i pesci non lo sono. Non almeno nello specchio d’acqua in cui hai deciso di pescare. Altro elemento: i nemici comuni. A unire i motociclisti è il disprezzo per gli autovelox, i vigili urbani troppo pignoli, il brecciolino in curva, il meteo variabile e – soprattutto – gli automobilisti. Su una strada in montagna è meglio incontrare 60 moto in entrambe le direzioni che dovere sorpassare tre auto. Anche fra pescatori i nemici comuni esistono: l’inquinamento, i prelievi idrici, le dighe mal concepite. Ma non basta. Quando sei sul fiume vuoi essere solo, con o senza i tuoi amici. Le eccezioni ci sono, ma sono appunto eccezioni.
IL KIT DA VIAGGIO: Un mio vecchio sogno è farmi un mini kit per pescare ovunque, senza dovere programmare nulla, durante i viaggi in moto. Un pacchettino piccolo abbastanza da stare in una delle borse laterali senza rubare spazio. E che possa seguirmi ovunque mi portino le due ruote: nei giretti domenicali e nei lunghi viaggi di due settimane o più. Un kit adatto a pescare in ogni acqua che mi si pari davanti, dal Bosforo ai fiordi Norvegesi, passando per Ostia e per la foce del Po. Il kit lo immagino così: canna scomponibile 2,40 metri, azione 10-30 grammi. Mulinello 3000 con due bobine di filo: 0.20 e 0.30. Qualche artificiale da lancio (Mepp’s 2 e 3, Rapala 7 e 9). Un sughero su cui fissare: una montatura da fondo (piombo 30 grammi e lenza a bolentino), una piumetta da traina leggera, un galleggiante piombato con lenza libera. Sono mesi che mi ripropongo di fare il kit. E giuro, lo farò.
Quando sono sceso da quel Peugeot avevo le ginocchia bloccate dal ghiccio grazie al puccio in Adda, al clima morbido del 23 dicembre e i quaranta minuti di viaggio in quelle condizioni… Quanta epicità!
Ancora non lo sapevamo, ma in quel giorno lontano stavamo vivendo il prequel della nascita dell’Anonima Cucchiaino
Tutto molto bello! Bravo Franco! Però ho visto una foto di te che guadi un ruscello… AHHH! Colgo l’occasione per rivolgere un appello a tutti i motociclisti e a tutti gli amanti del fuoristrada a NON guadare torrenti, riali e fiumi per divertimento! Soprattutto nei mesi invernali! Infatti ai pescatori, impegnati a pescare a “piede asciutto” per non rovinare i letti di frega o disturbare gli avannotti, capita di vedere gli scempi di moto da trial, enduro o jeep che, ignari di quel che fanno o peggio in mala fede, entrano nell’acqua con i loro mezzi per puro diletto! Mi raccomando, soprattutto in inverno (ma direi in generale) tenete asciutte le vostre ruote, fatelo per la Natura che sono certo amate!
Pietro, fare i guadi come pura pratica sportiva è una cosa da fessi, come lo è in genrale “fare casino in moto” per boschi. Sono d’accordo e lo ho scritto nel decalogo.
In Turchia ci siamo trovati nella condizione di dovere guadare per il semplice fatto che chi ha tracciato la pista non si era preoccupato di fare anche un ponte. Le alternative erano: attraversare o restare a vivere nella campagna turca. Abbiamo scelto attraversare. Nella logica di un lungo viaggio, un passaggio simile è una necessità. Come lo è per un pastore condurre il proprio gregge al di là del fiume (e cento zoccoli guastano ben di più di due caciotte di gomma larghe 15 centimetri).
Per quanto mi riguarda, poi, faccio enduro molto raramente e sempre in maniera responsabile. La foto del “guadino” nella gallery qui sotto è stata scattata in una pozza profonda 15 centimetri formata da un rigagnolo di acqua di neve che per un paio di mesi l’anno taglia una mulattiera. In quella pozza non ci nascono nemmeno i girini di rana, neanche con la fecondazione assistita. Probabilmente quel rigagnolo ora la avranno canalizzato in un tubo sotterraneo da 20 centimetri di diametro (tanto basta) di modo da evitare la pozza e rendere asciutta la sterrata: una delle poche del nord Italia consentita al transito delle moto. Quindi: nessun danno ambientale. L’enduro, come la pesca, se fatto in maniera responsabile e nel rispetto delle leggi è un’attività bella e divertente. L’importante è il senso della misura.
U rock! Di te non dubiterei mai 😉
Però era una buona occasione per ribadire l’invito ai tuoi colleghi rombanti!
Bella Pietro, hai ragione, quelle foto andavano spiegate e ti ringrazio di avermi aiutato a farlo. Certe cose le do per scontate, ma scontate non sono. Rock’n’Rod !
tutta la mia stima ragazzi
Grazie mille Simone!! Un abbraccio a nome di tutta l’Anonima