Una giornata nera

Il cielo è scuro e niente sembra muoversi. Probabilmente pioverà. Quando il tempo si mette così mi prende una strana irrequietezza. Devo muovermi, uscire, anche se non è una buona idea. Ultimamente in zona gira una banda di mezzi delinquenti. Li riconosci subito: palestrati, sempre unti come se avessero appena finito una gara di body building e baffi a manubrio. Sembrano usciti da un film sulle gang di motociclisti degli anni ’70. A quelli bisogna fare attenzione sul serio, ma è mattina e dovrebbero dormire visto che stanno in giro a seminare terrore tutta notte.

Butto un occhio intorno e tutto sembra tranquillo, esco. Mi voglio sfogare ma fuori non va meglio. Ho i nervi a fior di pelle e respiro a fatica. Colpa delle industrie. Quelli fanno come gli pare tanto nessuno dice nulla finché non la combinano troppo grossa. Bastardi. I pensieri si accavallano in testa. Tu cosa guardi? Ecco bravo, vattene. Se non fai la voce grossa non vai lontano. E io oggi voglio starmene per i fatti miei. Allungo il passo davanti a uno che se ne sta fermo a guardare quello che gli succede intorno. Sguardo fisso e nessuna espressione sul viso.

Tanto immobile da sembrare impagliato. Ma lo conosco e so che quando gli gira male è meglio non essere nei paraggi. Bisogna saper scegliere i propri avversari. Faccio qualche metro e sento casino alle mie spalle. L’impagliato è scattato. E quello a terra non credo si rialzerà. Gli uccelli si gustano la scena dall’alto. Schifosi. Mi affretto e un gruppo di ragazzini mi taglia la strada. Sembrano tutti uguali e in questo momento li odio, come tutti gli altri.

Urlo qualche frase sconnessa e accenno qualche passo verso di loro. Si disperdono. Bene, almeno ho rovinato la giornata anche a loro. Incrocio uno con la cresta alta che vuol fare il galletto e lo rimetto a posto con poco. Scappa coniglio. Tiro dritto fino alla mia zona preferita. Non è bella, fa schifo. Ma non ci viene mai nessuno e posso cercare di rilassarmi. Prima o poi dovrò farmi vedere per questa meteoropatia. Un tonfo lontano mi distoglie per un istante dai miei pensieri ma torno a girare in tondo. Zzzzzzzzzzz.

Un sibilo sommesso mi distrae. Mi giro, cerco di capire cosa sia ma non vedo niente. Aumenta. Zzzzzzzzzzz. Dal nulla appare un bolide sgargiante e il ronzio si fa più forte. Mi faccio avanti. Deve capire che qui non deve fare casino. Qui non dovrebbe proprio starci. Qui ci sono io. Ma non mi ascolta e tira dritto per i fatti suoi, come se non esistessi. Zzzzzzzzzzz. Un brivido mi corre lungo il fianco e arriva dritto in testa. Zzzzzzzzzzz. Parto secco.

Il bastardo è forte, ma riesco a portarlo a terra. Lo strattono un po’, gli assesto qualche testata ma è come se non le sentisse nemmeno. Non molla. Le forze iniziano a mancarmi e lui ne approfitta. Mi alza e inizia il suo turno. Adesso è lui che guida il balletto. Cerco di divincolarmi ancora un paio di volte ma quello sembra non stancarsi mai. Continua inesorabile. Inizio ad avere paura e a non capire niente. Mi faccio trascinare, arreso. Fortuna che l’adrenalina mi anestetizza. Riesco solo a pensare che devi saper scegliere i tuoi avversari. Il tipo mi tira su ancora una volta e sembra non smettere mai. Ma quanto è alto?

Sento la testa uscire dall’acqua e cerco un’ultima volta di fuggire. Niente da fare. Vengo alzato di peso da un gigante deforme con la faccia da scemo che ne chiama un altro. “Ma è un perca?”. Perca ci sarà quella porca di tua madre. “No, è un persico. Di… 39 centimetri!”. Bravo. Cerco di divincolarmi per riguadagnare la libertà. Una luce mi abbaglia. Forse è quella che appare a chi sta per morire. Ma dura poco e tutto torna sfocato. “Foto venuta, vai”. Figurati se in una giornata così di merda non passava un’infame a spegnermi anche la luce in fondo al tunnel.

Sono in affanno quando sento di nuovo l’acqua lambirmi le branchie. Resto per un po’ fermo vicino a quella propaggine rosa che mi tiene in acqua e poi scodo via. Lontano. Ancora verso il canneto dove mi sento più sicuro, ancora vivo, ancora con le palle girate. Forse di più.

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